Page 19 - Il mercante d'arte di Hitler
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nuova  virata.  Come  ospite  per  l’inaugurazione  della  mostra

                riesce  a  ottenere  la  presenza  dell’amico  Carl  Vincent

                Krogmann. Un’abile mossa, considerando che Krogmann viene
                da una delle famiglie di commercianti più influenti della città

                anseatica,  la  più  antica  rappresentanza  cittadina  che  ha

                condizionato  la  vita  culturale  di  Amburgo  fin  lì.  Quale

                collezionista e sostenitore moderato dell’arte moderna, nonché

                membro  del  Partito  nazionalsocialista,  Krogmann  offre
                un’ottima  copertura  al  direttore  del  Kunstverein,  finito

                nell’occhio  del  ciclone.  Ma  con  la  rimozione  della  bandiera

                Gurlitt si gioca il suo favore.

                   A questo punto non c’è ancora l’ombra di quella campagna

                denigratoria che bollerà l’arte moderna come “arte degenerata”.
                Al  contrario,  nel  primo  anno  dall’ascesa  al  potere  del

                nazionalsocialismo  sono  numerosi  i  tentativi  di  innalzare  le

                avanguardie – o almeno parte di esse, come l’Espressionismo –

                a nuova arte di Stato. Joseph Goebbels, al tempo già ministro

                per l’Educazione del popolo e della propaganda del Reich, uno
                dei politici pertanto più influenti in campo culturale, nei primi

                giorni  del  regime  nazionalsocialista  esprime  il  proprio

                apprezzamento  per  l’arte  moderna.  Goebbels  ha  parole  di

                encomio  per  le  sculture  di  Ernst  Barlach  o  la  pittura  di  Emil

                Nolde e di Edvard Munch e nei suoi appartamenti privati e negli

                uffici  si  circonda  persino  di  opere  di  questi  artisti.  Con  lui,
                anche  la  Lega  degli  studenti  nazionalsocialisti  tedeschi

                abbraccia  con  ardore  la  causa  modernista  e  difende

                l’Espressionismo  quale  genuina  arte  tedesca  con  forme

                espressive specificamente nordiche. Nel 1933, dunque, non c’è

                modo di intravedere quale futuro di fatto attenda l’arte moderna,

                da sempre peraltro esposta alle critiche, in particolare a partire




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