Page 21 - Il mercante d'arte di Hitler
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Ma la seconda svolta della propria vita comincia per
Hildebrand Gurlitt quando si presta ufficialmente alla vendita,
per conto dei nazisti, delle opere messe al bando come “arte
degenerata” per procurare al Reich valuta straniera. Per quattro
anni, nel frattempo, ha lavorato in modo indipendente come
mercante d’arte, ora in quanto Vierteljude, “ebreo per un
quarto”, non gli è permesso avere attività commerciali, a meno
che non siano di qualche utilità per il Reich. Gurlitt non è, di
fatto, un uomo del partito, ma le sue conoscenze sono stimate
nell’ambiente e gode dei migliori contatti. Di lui può esserci
bisogno e Gurlitt si lascia usare volentieri. Con grande abilità, in
quel periodo, riesce a procurarsi opere d’arte moderna, molte
delle quali finiscono nella sua collezione privata. Il patto
definitivo con il regime criminale viene stretto solo pochi anni
dopo. Quando la Francia viene occupata, Gurlitt si reca
immediatamente a Parigi e fa man bassa del mercato locale
dell’arte. Rapidamente allarga il proprio raggio d’azione al
Belgio, all’Olanda, all’Ungheria. Gli Alleati, più tardi, lo
classificheranno come chief dealer, mentre Gurlitt cercherà di
ridimensionare il proprio ruolo.
L’uomo coraggioso e dalla moralità integra che si è distinto il
Primo maggio 1933 si trasforma in un faccendiere, che mai,
quando sarà costretto a spiegare la propria posizione di fronte
agli Alleati, ammetterà i propri errori e le menzogne raccontate
a se stesso. Come molti altri dopo la guerra, Gurlitt si guarda
bene dal rendere conto delle proprie azioni e dall’assumersi la
responsabilità degli anni passati. Diventa invece direttore di un
altro Kunstverein, questa volta a Düsseldorf, e fa girare la
propria collezione, dopo averla riottenuta dagli Alleati.
Collabora inoltre alla restituzione ufficiale di opere da lui
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