Page 18 - Il mercante d'arte di Hitler
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cui Gurlitt può riferirsi come interlocutori. E all’interno delle
istituzioni pubbliche vi sono personalità autorevoli che da
tempo, già prima dell’arrivo di Gurlitt ad Amburgo nel 1931,
sono intervenute a difesa dell’arte moderna, tra cui, in
particolare, Max Sauerlandt, direttore del Museo di arti e
mestieri, Gustav Pauli, direttore della Kunsthalle di Amburgo, e
Fritz Schumacher, alla direzione urbanistica della città
anseatica. Amburgo è, subito dopo Berlino, la città più
progressista della Repubblica di Weimar.
Ma anche qui Gurlitt ha presto le proprie battaglie da
combattere. Particolarmente critica è la condivisione della sede
del Kunstverein con la più conservatrice Hamburgische
Künstlerschaft, la Comunità degli artisti di Amburgo. Per
quanto egli si sforzi di gestire in modo equilibrato gli spazi
espositivi, vi è sempre qualche motivo di scontro. Presto la
situazione sfocia in aperto conflitto e nel 1932 sulla stampa ha
inizio una campagna denigratoria nei suoi confronti, un gioco
che egli conosce dai tempi di Zwickau. Gli attacchi a suo carico
culminano nel marzo 1933, quando per ordine del prefetto di
polizia viene chiusa una mostra della Secessione di Amburgo al
Kunstverein: si tratta del primo divieto imposto dal Terzo Reich
a un’esposizione artistica.
Ma non è in questo affondo che vanno ricercate le ragioni
della decisione di Gurlitt di rinunciare al lavoro al Kunstverein,
perché ancora una volta egli dimostra come gli ostacoli messi
sulla sua strada fungano per lui, invece, da stimolo. Subito dopo
la chiusura della mostra comincia a lavorare a un’esposizione di
indiscussi veterani dell’arte, così da togliere fiato a ogni critica.
Con uno sguardo al Futurismo italiano, il movimento
d’avanguardia riconosciuto dall’Italia fascista, Gurlitt tenta una
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