Page 117 - Il mercante d'arte di Hitler
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enuncia tale principio in modo schietto nel proprio saggio
pubblicato nel 1919 Die Kunstmuseen und das deutsche Volk (I
musei d’arte e il popolo tedesco), citando Nietzsche: «Se
avessimo smesso veramente di imitarli [i francesi], non
saremmo mai stati sconfitti, ma ci saremmo invece liberati di
loro: solo quando saremo in grado di imporre loro una cultura
originalmente tedesca, potremmo parlare di un trionfo della
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civiltà tedesca» .
L’idea di una nazione della cultura, quale modello di una
nuova Germania, non è una novità per Hildebrand, che conosce
questi ragionamenti già dall’infanzia nella casa paterna. All’arte
attuale viene ora affidato un compito particolarmente
importante, dare articolazione alle aspirazioni e ai problemi del
presente, da cui deriva la sua stessa capacità di produzione di
senso. L’arte deve rafforzare l’autocoscienza tedesca, offrire ai
cittadini la possibilità di identificarsi con la nazione. Se
l’Impero germanico era uno stato amministrativo e militare, la
Repubblica di Weimar si concepisce ora come nazione
culturale. L’unità culturale dello Stato rappresenta un
presupposto della nuova società democratica, in cui è possibile
tuttavia mantenere i vecchi valori dell’educazione borghese.
La Repubblica di Weimar persegue a tutti gli effetti una
politica di popolarizzazione dell’arte. Tra le sfide più
impegnative vi è la riforma del panorama museale. Il primo a
cominciare è il direttore della Galleria nazionale di Berlino,
Ludwig Justi. Dalle finestre della Friedrich Wilhelms
Universität sulla Unter den Linden, Hildebrand Gurlitt può
osservare praticamente in diretta i lavori disposti da Justi per il
riallestimento del Kronprinzenpalais, dall’altra parte della
strada, quale nuova sezione della Galleria nazionale. Qui è
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