Page 95 - Francesco tra i lupi
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stessi cardinali. «Non è un referendum né l’applicazione di metodi democratici alla vita interna della Chiesa. È
    un’inchiesta che deve dare risposte meditate e propositive», ha dichiarato prudente il segretario generale del
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    sinodo cardinale Baldisseri . «Bisogna lavorare su questi temi come artigiani di pace, non avendo paura della
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    verità che ci rende liberi», ha esortato i fedeli il cardinale francese Philippe Barbarin .
      «Vediamo una moltitudine di situazioni dove possiamo trovare soluzioni concrete, nel senso della dottrina e
    del messaggio di Gesù Cristo... Non è questione di opinione pubblica», afferma il cardinale ungherese Péter
    Erdö, relatore al prossimo sinodo. Il vescovo italiano Bruno Forte, chiamato dal papa a svolgere il compito di
    segretario speciale del sinodo, aggiunge che non si tratta di fare scelte in base agli umori della società, però non
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    si  può  «ignorare  quel  che  pensa  la  maggior  parte  dell’opinione  pubblica  e  rifletterci» .  L’arcivescovo  di
    Westminster, Vincent Nichols, presidente della conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles, riassume con
    una frase che piacerebbe a Bergoglio: «Dio ci ha dato una bocca e due orecchie. Ascoltare cose scomode è un
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    bene» .
      Le prime valutazioni delle risposte pervenute ad alcune diocesi tedesche comprovano l’enorme distanza tra
    la dottrina della Chiesa e il vissuto della gente. La diocesi di Magonza – sede del cardinale Lehmann, per
    quattro volte presidente della conferenza episcopale tedesca – parla in un comunicato di «profondo fossato». È
    una situazione fatale, «e lo sapevamo da tempo», ammette onestamente Lehmann. «Molto è stato rimosso.
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    Papa Francesco ci offre l’occasione di una chiara presa d’atto» , ha soggiunto.
      Il  suo  successore  alla  presidenza  della  conferenza  episcopale  tedesca,  il  settantaseienne  Robert  Zollitsch,
    giunto al termine del suo mandato ha preso una decisione clamorosa. L’ufficio pastorale della sua diocesi a
    Friburgo ha precorso i tempi e ha pubblicato una guida per concedere la comunione ai divorziati risposati
    dopo una serie di colloqui con il proprio parroco, un approfondito esame di coscienza e la manifestazione di
    un sincero pentimento. Da Roma è arrivato immediatamente un monito del prefetto della congregazione per
    la Dottrina della fede Müller.
      A fronte dei risultati del sondaggio voluto da papa Francesco si ha, però, l’impressione che l’epoca dei veti
    stia tramontando. Il primo episcopato a presentare i risultati è stato quello svizzero. L’esito costituisce una
    fotografia  valida  almeno  per  gran  parte  dell’Occidente.  I  cattolici  svizzeri  respingono  a  larghissima
    maggioranza la dottrina che non autorizza i divorziati risposati a ricevere l’eucaristia. Circa il 60 per cento
    delle  risposte  chiede  il  riconoscimento  e  una  benedizione  per  le  coppie  omosessuali  (senza  parlare  di
    matrimonio). Il divieto della pillola è totalmente ignorato. Dice il comunicato ufficiale, redatto dall’Istituto
    socio-pastorale di San Gallo al quale i vescovi di Svizzera avevano affidato l’elaborazione delle risposte, che il
    «divieto  di  metodi  artificiali  di  contraccezione  è  molto  lontano  dalla  pratica  e  dalle  idee  della  grande
    maggioranza dei cattolici».
      Il commento dell’Istituto di San Gallo è lapidario ed è destinato a risuonare nell’aula del sinodo straordinario
    sotto  una  forma  o  l’altra.  «È  necessario  che  la  Chiesa  smetta  di  attribuire  valore  assoluto  a  certe  norme  e
    direttive di fronte alle esperienze e alle situazioni di vita concreta della gente. Quando la Chiesa esige che i
    cattolici seguano incondizionatamente e acriticamente norme concrete e direttive di comportamento date, la
    Chiesa  danneggia  la  sua  aspirazione  a  trasmettere  alla  gente  gli  aspetti  più  centrali  ed  essenziali  del  suo
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    messaggio» .
      Un’inchiesta mondiale, promossa dalla televisione statunitense di lingua spagnola Univision e realizzata dalla
    società  di  sondaggi  Bendixen  &  Amandi  International  tra  i  cattolici  di  Stati  Uniti,  Argentina,  Brasile,
    Colombia, Messico, Francia, Italia, Polonia, Spagna, Repubblica democratica del Congo, Uganda e Filippine
    rivela che il 58 per cento degli interrogati respinge la norma che nega la comunione ai divorziati risposati. Il
    57 per cento ammette l’aborto in alcuni casi. Il 78 per cento è a favore dei contraccettivi. Con una frontiera
    geografica, tuttavia, che vede i cattolici di Africa e Asia attestati sull’osservanza della dottrina tradizionale.
      Ormai tutto è in movimento su questo fronte. La battaglia si preannuncia aspra. Da stratega politico papa
    Francesco  ha  programmato  che  le  decisioni  non  vengano  prese  subito  al  sinodo  straordinario  dell’ottobre
    2014. Lì si valuterà soltanto la situazione. Poi ci sarà ancora un anno di tempo perché all’interno della Chiesa la
    partecipazione si accresca, i vescovi riformatori abbiano il tempo di rafforzarsi e i fedeli facciano sentire la
    propria voce. Sarà un secondo sinodo nel 2015 a votare le proposte definitive.
      È una partita in cui Francesco si gioca la credibilità di riformatore e la sua autorità all’interno della Chiesa.
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