Page 98 - Francesco tra i lupi
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stato  il  collateralismo  con  la  Dc  dal  dopoguerra  al  tramonto  del  partito  cattolico  nel  1994,  nel  trapasso  di
    millennio  si  è  trasformato  in  forma  più  mascherata  nel  rapporto  preferenziale  con  il  centro-destra  di
    Berlusconi.  Prima  durante  la  presidenza  Cei  del  cardinale  Ruini  e  in  seguito  sotto  la  regia  del  cardinale
    Bertone. La ragione invocata consisteva nella difesa dei principi cosiddetti non negoziabili relativi ai temi
    della  vita,  del  matrimonio  e  della  libertà  educativa.  Dove  la  sostanza  politica  era  il  comune  accordo  per
    garantire il finanziamento alle scuole cattoliche e l’opposizione a innovazioni legislative in materia di coppie di
    fatto, unioni gay, testamento biologico, divorzio breve, fecondazione artificiale.
      Contrassegnata  da  saltuari  momenti  di  tensione,  soprattutto  per  la  vicenda  Boffo,  l’alleanza  di  fatto  tra
    conferenza  episcopale  e  schieramento  berlusconiano  di  centro-destra  si  è  dissolta  unicamente  quando  nel
    2011  è  nato  il  governo  Monti.  (Dino  Boffo,  direttore  dell’«Avvenire»,  aveva  denunciato  lo  stile  di  vita  di
    Berlusconi e in conseguenza era stato costretto a dimettersi nell’estate 2009 dopo una campagna diffamatoria
    del «Giornale», di proprietà della famiglia Berlusconi, basata su un falso documento relativo a suoi presunti
    rapporti omosessuali.)
      Tra il 2011 e il 2012, in due successivi convegni a Todi, non decolla il tentativo di associazioni e movimenti
    cattolici di creare un soggetto politico. I settori vaticani più vicini al segretario di Stato Bertone propugnano la
    fine  dell’«ideologia  della  diaspora»  e  lanciano  la  proposta  di  un  «protagonismo»  del  laicato  cattolico,  che
    dovrebbe essere sostenuto da una convergenza tra «vescovi, politici, economisti, giuristi, movimenti, società
    civile» per dare vita ad un programma di azione ispirato alla dottrina sociale della Chiesa: qualcosa di molto
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    simile ad un movimento politico .  Assai  più  prudente  il  presidente  della  Cei  Bagnasco,  che  si  limita  ad
    auspicare  un  soggetto  «culturale  e  sociale».  Progetti,  comunque,  che  non  si  realizzeranno  e  che  –  con  il
    successivo  flop  elettorale  della  lista  Monti  alle  elezioni  del  2013  –  lasciano  il  mondo  cattolico  italiano
    sostanzialmente alla deriva e tagliato fuori dai giochi politici.
      L’eclissi  socio-politica  si  accompagna  ad  una  inspiegabile  afasia  dell’intellighenzia  cattolica,  tranne  rare
    eccezioni. Si diffonde l’impressione di una sostanziale irrilevanza del pensiero cattolico nella società italiana,
    nonostante analisi e proposte di livello offerte in occasione delle «Settimane sociali».
      Pochi mesi prima dell’abdicazione di Benedetto XVI, una voce si leva nella Chiesa italiana per chiedere una
    radicale  inversione  di  rotta.  «La  Chiesa  è  rimasta  indietro  di  duecento  anni.  Come  mai  non  si  scuote?
    Abbiamo paura invece di coraggio?», dichiara in punto di morte il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita, già
    arcivescovo  di  Milano.  In  una  intervista-testamento,  pubblicata  il  1°  settembre  2012  all’indomani  della
    scomparsa, il porporato lamenta l’esistenza di una «Chiesa stanca» in Europa e in America. «La nostra cultura è
    invecchiata, le nostre chiese sono  grandi, le nostre case religiose sono  vuote e l’apparato burocratico della
    Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi». Carlo Maria Martini si augura una Chiesa che sappia
    spogliarsi del peso del benessere e riunire uomini vicini ai più poveri nonché giovani capaci di sperimentare
    cose nuove. «Io consiglio al papa e ai vescovi – dice – di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti
    direzionali».
      Martini si rivela precursore di papa Francesco. Il primo suggerimento è una conversione della Chiesa, che
    «deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal
    papa e dai vescovi». Il porporato ribadisce l’esigenza di affrontare i temi della sessualità e del corpo, evocando
    gli interrogativi che un anno dopo la sua morte Francesco avrebbe sollevato con il questionario approntato per
    il sinodo dell’ottobre 2014. «Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia
    sessuale. La Chiesa è ancora in questo campo un’autorità di riferimento o solo una caricatura nei media?».
      Martini è stato molto più che una grande personalità del cattolicesimo italiano. Ha rappresentato un punto di
    riferimento nella Chiesa cattolica a livello mondiale, ascoltato nel mondo protestante e ortodosso. Non a caso
    nel conclave del 2005, che elesse Ratzinger, l’ex arcivescovo di Milano fu considerato l’antagonista simbolico
    del prefetto della congregazione per la Dottrina della fede. Persino alcune sue parabole sono sovrapponibili a
    identiche  riflessioni  di  papa  Francesco.  «Una  donna  è  stata  abbandonata  dal  marito  e  trova  un  nuovo
    compagno  che  si  occupa  di  lei  e  dei  suoi  tre  figli.  Il  secondo  amore  riesce.  Se  questa  famiglia  viene
    discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli». I sacramenti – insistette – non sono
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    uno «strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nelle debolezze della vita» .
      Durante il periodo in cui era arcivescovo di Milano, Martini aveva lanciato la “cattedra dei non credenti”,
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