Page 93 - Francesco tra i lupi
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In questo schieramento, fortemente legato agli irrigidimenti teologici verificatisi negli ultimi trent’anni,
Rino Fisichella – presidente dell’Accademia per la vita dal 2008 al 2010 e poi nominato da Benedetto XVI
presidente del consiglio per la Nuova evangelizzazione – appare come uno dei più duri sostenitori dei principi
non negoziabili sanciti da Joseph Ratzinger. Principi che ha difeso non solo teologicamente, ma attraverso un
intenso lobbismo politico rivolto primariamente nei confronti del centro-destra berlusconiano.
Negli anni della presidenza del cardinal Ruini alla Cei, Fisichella è stato attivissimo nell’organizzazione della
campagna di astensione per far fallire il referendum sulla procreazione assistita (2005), nella promozione del
Family-day allo scopo di impedire l’approvazione in parlamento della legge sulle coppie di fatto tentata dal
governo Prodi nel 2007 e nella lotta contro ogni ipotesi di legge sul testamento biologico.
Caratterizza questo gruppo di personalità la loro età relativamente giovane in termini ecclesiastici – Burke ha
sessantasei anni, Piacenza ne ha settanta, Müller sessantasette, Fisichella sessantatré – e l’essere stati chiamati a
far parte della curia ratzingeriana. Benché per alcuni si possa aprire una carriera da arcivescovo in qualche
diocesi rilevante, restano un punto di riferimento per uno schieramento di opinione tradizionalista in curia e
fuori. Perché gli episcopati nazionali sono altrettanto divisi al loro interno come la curia romana.
L’ex segretario di Stato Tarcisio Bertone, stretto collaboratore di Ratzinger già alla congregazione per la
Dottrina della fede negli anni 1995-2002, si colloca nella stessa dimensione, anche se l’avviarsi verso gli
ottant’anni riduce progressivamente la sua influenza.
La questione famiglia non è stata scelta a caso da papa Francesco. Contraccezione, divorzio (e interruzione
di gravidanza) sono il terreno su cui il sentire e il comportamento dei fedeli si mostrano da quasi mezzo secolo
in netta divaricazione dai dettami della gerarchia ecclesiastica. Francesco non vuole mutare la dottrina, ma
ritiene indispensabile cambiare radicalmente l’approccio pastorale. Specialmente la questione della
comunione negata ai divorziati risposati è da decenni oggetto di ripetuti tentativi di revisione. Invano –
quando erano ancora vescovi – Karl Lehmann e Walter Kasper avevano chiesto nel 1993 al cardinale
Ratzinger, allora capo del Sant’Uffizio, di consentire una clausola di coscienza, che in certi casi permettesse
almeno al coniuge abbandonato senza colpa di accedere alla comunione, se risposato. Invano il cancelliere
tedesco Helmut Kohl aveva sollevato il problema in una lettera personale a Giovanni Paolo II. Persino di fronte
a Benedetto XVI, durante la visita a Berlino nel settembre 2011, il presidente federale Christian Wulff aveva
sentito l’urgenza di toccare l’argomento al momento di dargli il benvenuto in Germania.
Affidare nuovamente il tema della famiglia a un sinodo dei vescovi ha il sapore di un contrappasso storico. Fu
nel sinodo del 1980, infatti, che la stragrande maggioranza dei vescovi votò una proposta perché si studiasse il
sistema in vigore nelle Chiese ortodosse, dove è possibile risposarsi – sebbene con un rito in tono minore, per
motivi penitenziali – continuando a ricevere la comunione. Era la richiesta di trovare una soluzione. Papa
Wojtyla ignorò il parere dell’episcopato mondiale e un anno dopo emanò un documento che affermava il
contrario: «L’ammissione all’eucaristia non può... essere loro concessa». Al clero, ammonì inoltre, «è
espressamente fatto divieto... di porre in atto “cerimonie di qualsiasi genere” a favore dei divorziati che si
risposano civilmente».
Più di trent’anni dopo Francesco ridà all’episcopato la facoltà di elaborare una soluzione pastorale concreta.
Papa Bergoglio ha un suo modo di preparare il terreno alle novità. Lo fa con piccoli strappi verbali. «Penso...
alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa
donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramente
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pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore?» , «Se una persona è gay e cerca
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il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?» , «Ricordo il caso di una bambina molto triste,
che alla fine confidò alla maestra il motivo del suo stato d’animo: la fidanzata di mia madre non mi vuol
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bene» . Ogni volta sono interrogativi lasciati apparentemente a metà per far capire che la vecchia
impostazione dottrinaria della Chiesa non è più sostenibile. «Francesco apre delle finestre e le lascia senza dare
immediatamente una risposta», commenta padre Spadaro della «Civiltà Cattolica». La risposta dovranno darla i
vescovi nel segno della collegialità.
Ma Francesco sa che bisogna scuotere dal sonno l’apparato ecclesiastico. Perciò, senza preavviso, senza
neanche coinvolgere il pontificio consiglio per la Famiglia, ha lanciato un sondaggio per sapere cosa pensano i
fedeli di tutti quei problemi che coinvolgono ciascuno di loro in prima persona nell’esistenza quotidiana. Un