Page 97 - Francesco tra i lupi
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XV. Il nodo italiano
L’episcopato italiano è stato travolto dalla rivoluzione del papa argentino. La visione, suggerita da Francesco, di
una Chiesa povera, poco dottrinaria, che non pratica ingerenza spirituale nella vita delle persone e nella
politica, dà spazio alle donne, ascolta i laici e rinuncia alla tentazione di manipolarli, ha sconvolto il quadro
entro cui la conferenza episcopale italiana ha operato per decenni.
La Chiesa italiana, benché caratterizzata nelle sue varie articolazioni da un forte impegno sociale, è sempre
stata abituata a considerarsi primariamente come istituzione di comando: sul piano dottrinale e nella
dimensione socio-politica.
Cresciuta in un clima di scarsa autonomia – a differenza delle altre conferenze episcopali non aveva il diritto
di eleggere il suo presidente – la Cei non ne ha lasciata nemmeno ai laici. Ha sempre soffocato ogni tentativo
di creare uno spazio nel quale una rappresentanza dei fedeli potesse esprimersi liberamente sui temi ecclesiali
e sul rapporto tra fede e problemi socio-politici della nazione.
Se in Germania, il paese da cui veniva Benedetto XVI, il Comitato centrale dei cattolici tedeschi (Zdk) ha
dato periodicamente voce alla vitalità dei fedeli, intervenendo sui temi più scottanti della vita ecclesiale, in
Italia la Consulta nazionale delle aggregazioni laicali (ex Consulta per l’apostolato dei laici) rivela nel tortuoso
articolo 1 del proprio statuto i timori dei vescovi di avere a che fare con un’istanza autonoma. Recita lo statuto
che la consulta è il luogo in cui le associazioni e i movimenti cattolici italiani «vivono in forma unitaria il
rapporto con l’episcopato italiano, offrendo la ricchezza delle loro possibilità apostoliche e accogliendone
fattivamente i programmi e le indicazioni pastorali».
Nel corso degli ultimi decenni, in momenti cruciali che hanno interessato il rapporto tra fede e società in
Italia – dai referendum su divorzio, aborto, procreazione assistita all’ipotesi di leggi sulle coppie di fatto o sul
testamento biologico –, mai la consulta è entrata concretamente nel dibattito pubblico, né ha assolto alla
funzione statutaria di fornire «proposte in vista dell’elaborazione degli orientamenti e delle linee pastorali della
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Cei» .
All’opposto, la gerarchia ha sistematicamente fornito le parole d’ordine e le indicazioni per le iniziative
pubbliche, cui i fedeli cattolici erano chiamati ad aderire. All’ultimo convegno nazionale della Chiesa italiana,
svoltosi a Verona nel 2006, la paura dell’emergere di voci anche moderatamente fuori dal coro ha portato la
presidenza della Cei alla decisione di vietare che i gruppi di lavoro votassero documenti.
Tra gli stessi vescovi la libertà è stata limitata dall’alto. La prassi, per cui la relazione introduttiva del presidente
della Cei all’assemblea annuale di maggio viene portata a conoscenza del papa alla vigilia, ha costantemente
contribuito a frenare il dibattito generale. Cosa c’è da discutere se una relazione è approvata in anticipo dal
pontefice, a volte con autorevoli correzioni dell’ultimo momento? Il verticismo esasperato è una caratteristica
della conferenza episcopale italiana. «C’è la prolusione, tutti intervengono per dire “va bene, va male” e alla
fine il presidente della Cei risponde in base a quello che è il suo modo di vedere le cose», rimarcava già anni fa
mons. Alessandro Plotti, vice-presidente della Cei dal 2000 al 2005. Operazione legittima, aggiungeva, «però
è un’opinione personale non filtrata attraverso una consultazione. Pare che quella sia la parola dei vescovi
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italiani, quando i vescovi sono stati lasciati da parte» .
La scarsa autonomia di un episcopato, su cui prevalevano le indicazioni del pontefice e dei suoi uomini di
fiducia, ha avuto il suo punto di massima esautorazione nel 2007, nell’ora in cui il cardinale Bagnasco
assumeva la carica di presidente della Cei, quando l’allora segretario di Stato Bertone gli mandò una lettera
ufficiale, avocando a sé la competenza nel trattare con le istituzioni politiche: «Assicuro fin d’ora a Vostra
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Eccellenza la cordiale collaborazione e la rispettosa guida della Santa Sede, nonché mia personale» .
Di pari passo si è assistito ad un sistematico intreccio tra Vaticano, Cei e sistema politico. Quello che era