Page 101 - Francesco tra i lupi
P. 101

grandi  fragilità  e  difficoltà».  In  un  contesto  di  conformismo  dilagante,  «Il  prete  non  parla  perché  vuole
    diventare vescovo, il vescovo pensa ad una diocesi più grande, il cardinale tace per ambizione. Naturalmente
    non tutti». Il risultato, secondo l’ex vice-direttore dell’«Osservatore Romano», è una stagnazione segnata dalla
    paura della discussione, in cui i «fedeli assistono da spettatori ad un sistema autoreferenziale dove non c’è
                                  350
    spazio per il contraddittorio» .
      Si  capisce  perché  papa  Francesco  nel  suo  primo  discorso  all’episcopato  italiano  abbia  fatto  una  delle  sue
    rapide sottolineature, che sembrano scritte con la matita rossa: «La Chiesa in Italia... tutti». Cioè Chiesa non è
                                                                         351
    non solo la gerarchia ecclesiastica, ma l’insieme del popolo di Dio .
      Anche il tema della povertà, tipico di Francesco, è stato riproposto per anni nei settori ecclesiali più vicini
    alla gente comune. «La Chiesa non è per i poveri, è con i poveri – era solito dire il prete di strada genovese
    Andrea Gallo, morto appena due mesi dopo l’elezione di papa Bergoglio – La Chiesa è povera ed è con tutti
    coloro che soffrono. È una porta aperta».
      Il papa argentino si sta muovendo con gradualità e determinazione. Il 19 novembre 2013 ha sostituito il
    segretario  generale  della  Cei,  mons.  Mariano  Crociata.  Con  un  antefatto:  quando  ai  primi  di  ottobre
    l’«Avvenire» aveva presentato la conferma ad interim di Crociata come una riconferma piena, il pontefice si
    era arrabbiato moltissimo e aveva costretto la direzione del giornale a pubblicare la notizia una seconda volta,
    con la precisazione che l’incarico era prorogato in via provvisoria.
      Crociata non è stato mandato in una sede cardinalizia come gli ex segretari della Cei Betori (a Firenze) e
    Tettamanzi (a Genova e poi a Milano). È stato semplicemente nominato vescovo di Latina. Al suo posto papa
    Francesco ha chiamato come segretario generale della Cei un vescovo dall’estremo lembo d’Italia, Cassano allo
    Ionio, la diocesi più piccola della Calabria: mons. Nunzio Galantino. Una personalità semplice e colta, vicina
    a don Luigi Ciotti, che ha insegnato antropologia nella Facoltà teologica dell’Italia meridionale e, diventato
    vescovo, ha rifiutato di sistemarsi nel palazzo arcivescovile, trasferendosi nel seminario locale per stare accanto
    ai sacerdoti e ai seminaristi.
      Galantino era l’ultimo della terna di nominativi per la carica di segretario, trasmessa a Francesco dal cardinale
    Bagnasco. Al pontefice il vescovo ha chiesto di poter continuare a curare la sua diocesi e Francesco ha preso
    carta e penna e ha scritto direttamente ai fedeli di Cassano allo Ionio, chiedendo il permesso di toglier loro,
    part-time, il vescovo. «So quanto voi amate il vostro vescovo e so che non vi farà piacere che vi venga tolto, e vi
    capisco... [Gli] chiederò che almeno per un certo tempo, pur stando a Roma, viaggi regolarmente alcuni
    giorni per continuare ad accompagnarvi nel cammino della fede. Vi domando, per favore, di comprendermi
                      352
    e di perdonarmi» .
      A dicembre, rimaneggiando la composizione della congregazione dei Vescovi, papa Francesco ha escluso
    dalla  plenaria  il  cardinale  Bagnasco,  inserendo  il  vice-presidente  della  Cei  Gualtiero  Bassetti,  vescovo  di
    Perugia. Due mesi dopo lo ha creato cardinale, portandolo in primo piano. Al punto che molti osservatori lo
    considerano un candidato alla presidenza della Cei e non escludono che il cardinale Bagnasco possa cedere il
    passo nel 2015. Nell’ambito della riorganizzazione delle strutture della Chiesa italiana è stato anche allontanato
    il  direttore  dell’emittente  televisiva  della  Cei  «TV  2000»:  Dino  Boffo,  uno  degli  ultimi  esponenti  dell’era
    ruiniana.
      Il rapporto tra Francesco e la conferenza episcopale italiana si è sviluppato nel primo anno sotto il segno del
    paradosso. Il papa è pronto a dare alla Cei la facoltà di eleggere il proprio presidente, ma un gruppo consistente
    di vescovi rifiuta di assumersi la responsabilità di un confronto trasparente sulla leadership dell’episcopato e di
    una  votazione  sulla  linea  programmatica  dei  candidati,  che  ne  consegue.  Alla  sessione  del  consiglio
    permanente  dell’episcopato  di  gennaio  2014,  sono  stati  presentati  i  risultati  di  una  prima  consultazione
    interna. La presidenza non li ha resi noti all’opinione pubblica e ha indicato a sorpresa nel comunicato finale
    una doppia soluzione molto macchinosa. La prima modalità è la più lineare: una consultazione riservata a tutti
    i singoli vescovi. La seconda proposta enuncia testualmente che si «aggiungerebbe a tale procedura un ulteriore
    passaggio  –  altrettanto  riservato  nelle  procedure  e  nei  risultati  –  nel  quale  l’assemblea  generale  verrebbe
    chiamata  a  esprimere  la  propria  preferenza  su  una  quindicina  di  nomi,  corrispondenti  ai  candidati
                              353
    maggiormente segnalati» .
      L’ipotesi, totalmente lontana da qualsiasi prassi ecclesiale, che prevede da secoli la formazione al massimo di
   96   97   98   99   100   101   102   103   104   105   106