Page 106 - Francesco tra i lupi
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collegio cardinalizio, papa Francesco e Josef Ratzinger si sono incontrati e abbracciati. Il pontefice argentino
ha voluto espressamente che al rito solenne nella basilica, icona della cattolicità, prendesse parte il
predecessore e il mondo vedesse il papa regnante – vestito dei paramenti, con la mitria in testa e il pastorale
nella sinistra – di fronte ad un altro uomo vestito di bianco, a capo scoperto. Quando dopo l’elezione
Francesco aveva fatto visita a Ratzinger a Castel Gandolfo, se lo era stretto accanto perché stessero
inginocchiati insieme nella cappella della residenza papale. Immagine plastica di una prossimità fraterna, senza
conflitti.
Per prevenire anche l’ombra di una contrapposizione Francesco ha deciso, con un gesto di acume politico,
di pubblicare l’enciclica incompiuta di Benedetto XVI: Lumen fidei. Abbracciando simbolicamente il testo,
presentandolo come scritto a quattro mani, il papa argentino ha neutralizzato il sorgere di una leggenda che
narrasse di un magistero spaccato: le riflessioni dell’ex papa contrapposte al pensiero del pontefice regnante. È
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stato calcolato che su ottanta pagine soltanto otto siano di pugno di Bergoglio . I pochi inserimenti
acquistano però un significato programmatico. Centrale è l’affermazione che il «credente non è arrogante...
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[ma in] dialogo con tutti» .
Benedetto XVI ha facilitato questa situazione inedita per la Chiesa cattolica. Il giorno dell’addio, salutando
per l’ultima volta il collegio cardinalizio, aveva promesso «incondizionata reverenza ed obbedienza» al
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successore che sarebbe stato eletto . Dopo si è chiuso nel suo eremo vaticano, uscendo poche volte – per
tornare a Castel Gandolfo o visitare il fratello al policlinico Gemelli – e ricevendo con assoluta discrezione gli
amici. Una lettera di cortese critica allo scienziato Odifreddi per i suoi giudizi su Gesù, è stata la prima sortita
pubblica. Spesso il “maestro di cultura”, cardinale Ravasi, viene a trovare l’ex papa Ratzinger.
Bergoglio lo considera un «vecchio fantastico». Ad un amico argentino ha confessato: «Non ti immagini
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l’umiltà e la saggezza di quest’uomo» . Ai reporter ha raccontato: «È come avere il nonno saggio a casa».
Benedetto XVI ricambia. «Sono grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da una cordiale
amicizia a papa Francesco», ha confidato in una lettera al teologo Hans Küng. «Oggi vedo come mio unico e
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ultimo compito di sostenere il suo pontificato nella preghiera» .
I due si parlano, si telefonano, si incontrano, pranzano assieme con assoluta naturalezza. Francesco, che si
rivolge al predecessore con il tradizionale titolo papale, ha persino inviato a Ratzinger la prima copia della sua
intervista alla «Civiltà Cattolica», chiedendo suggerimenti. (Ne ha ricevuti quattro pagine.) Il pontefice
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argentino ha ripetutamente incoraggiato il predecessore: «Santità, lei riceva, faccia la sua vita...» .
C’è una clessidra nel pontificato di Francesco. Lo sanno bene i cardinali che lo sostengono. «In fondo a
Giovanni XXIII sono bastati appena cinque anni per rendere irreversibile la svolta nella Chiesa», spiega uno di
loro. L’esempio fa riflettere sulle condizioni necessarie perché una riforma cominci a produrre frutti. Il
progetto di papa Giovanni – il concilio Vaticano II – si è salvato, perché dopo di lui sono venuti i quindici anni
di pontificato montiniano, durante i quali Paolo VI riuscì a radicare il messaggio conciliare nella Chiesa
cattolica. Intorno a Paolo VI agiva, tuttavia, una maggioranza di vescovi che avevano votato convintamente i
documenti conciliari, c’era un robusto movimento di teologi riformatori e ferveva una mobilitazione
appassionata di ambienti laicali.
Papa Francesco, a un anno dall’elezione, è ancora abbastanza solo all’interno della struttura ecclesiastica.
Questo spiega la sua straordinaria determinazione. Gode di un consenso amplissimo tra i fedeli e
nell’opinione pubblica agnostica e non credente, però in curia non si manifesta, per il momento, un forte
partito pro-Bergoglio. Anzi, c’è chi spera che il papa argentino sia un’eccezione transitoria.
Non esiste nella Chiesa universale un movimento organizzato di sostenitori della sua rivoluzione. Si sentono
applausi scroscianti da tutte le parti e al contempo si avverte una grande inerzia nelle strutture ecclesiastiche.
L’associazionismo cattolico sinora è rimasto fermo – quasi sotto shock per le novità e occupato a rielaborarle –
mentre ai tempi di Giovanni Paolo II erano visibili la presenza e la pressione di movimenti come l’Opus Dei e
Comunione e liberazione, attivamente schierati a favore del programma del papa polacco. I gesuiti, per motivi
comprensibili, appoggiano il pontefice con discrezione, certo non con lo stile battagliero e incondizionato
con cui la Compagnia di Gesù nell’Ottocento combatté per promuovere il dogma dell’infallibilità e
l’assolutismo di Pio IX e, in seguito, per contrastare il modernismo.
Il genio satirico intuisce spesso il senso nascosto di una situazione. Ha spopolato su YouTube il comico