Page 110 - Francesco tra i lupi
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delle cordate, che piazzano loro esponenti» in diocesi importanti per garantirsi una porpora, ha osservato Luigi
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    Accattoli, conoscitore di lungo corso del mondo ecclesiastico .
      Ai  neoporporati  il  papa  argentino  ha  inviato  una  lettera  per  ricordare  che  il  cardinalato  non  è  una
    promozione né un onore o una decorazione, ma semplicemente un servizio, e invitandoli quindi a tralasciare
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    «qualsiasi festeggiamento estraneo allo spirito evangelico di austerità, sobrietà e povertà» . Gli ammiratori
    bavaresi  del  neo-cardinale  Müller  hanno  preso  il  pontefice  in  parola.  Nell’austero  e  venerando  cortile  del
    Sant’Uffizio hanno portato botti di birra da Ratisbona e organizzato una semplice e popolaresca mangiata di
    festeggiamento, scacciando i fantasmi dell’Inquisizione con il profumo delle salsicce alla griglia.
      Del  tutto  inaspettato  è  arrivato  al  papa  argentino  nel  febbraio  2014  il  severo  monito  del  comitato  delle
    Nazioni Unite per i Diritti dell’infanzia. Il comitato, dopo un’audizione con una delegazione vaticana, ha
    diffuso  un  rapporto  chiedendo  al  Vaticano  di  fare  completa  luce  sui  crimini  di  abuso  del  passato  e  sullo
    spostamento dei preti colpevoli da una parrocchia all’altra. Inoltre il documento propone di creare ad ogni
    livello delle istituzioni cattoliche strutture per la protezione dei minori e l’accoglimento delle denunce al fine
    di rimuovere senza eccezione i responsabili di abuso. L’organismo delle Nazioni Unite raccomanda l’obbligo
    di denuncia dei crimini e, per la prima volta, l’apertura di un’indagine sui figli dei preti, che quasi sempre
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    ignorano il proprio genitore .
      Poiché il rapporto toccava anche le questioni dell’aborto, della contraccezione e della decriminalizzazione
    dell’omosessualità, e non aveva tenuto conto sufficientemente del mea culpa di Benedetto XVI nel 2010, delle
    misure  operative  prese  dalla  gerarchia  ecclesiastica  in  una  serie  di  paesi  e  dell’inasprimento  delle  pene
    canoniche per volontà di Benedetto XVI e papa Francesco, la Santa Sede ha protestato. Lamentando che il
    documento fosse stato scritto sotto pressione di Ong ostili alla Chiesa e denunciando che il comitato fosse
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    andato oltre le sue competenze, interferendo nelle «posizioni dottrinali e morali della Chiesa cattolica» .
      Tuttavia, al di là delle dichiarazioni polemiche, il portavoce vaticano Lombardi ha assicurato che il Vaticano
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    non si sottrarrà al confronto con il comitato Onu, «con apertura alle critiche giustificate» . Papa Francesco è
    consapevole che la questione degli abusi, che ha travagliato il regno di Ratzinger, non deve riesplodere sotto il
    suo pontificato. Perciò già a dicembre 2013 il consiglio degli otto cardinali aveva prospettato la creazione di
    una speciale commissione per la tutela dei minori dagli abusi, l’aiuto alle vittime e la cooperazione con le
    autorità statali.
      Alla vigilia della quaresima 2014 la redazione del «National Catholic Reporter» – il periodico cattolico che dal
    1985 segue con accuratezza e onestà gli scandali di pedofilia nel clero statunitense – ha indirizzato una lettera
    aperta al pontefice, pregandolo di lavare i piedi nel seguente giovedì santo a «coloro le cui vite sono state
    sconvolte da preti abusatori». La Chiesa, ricorda la lettera aperta del Ncr, si è impegnata forse più di ogni altra
    istituzione nel varo di norme e procedure per prevenire abusi in futuro: ma nessuno dei dignitari ecclesiastici,
    che  in  passato  hanno  «negato  e  mentito»  e  combattuto  per  evitare  l’emergere  del  fenomeno,  «è  stato  mai
    chiamato a rispondere» delle sue azioni. La risposta del papa è stata di creare il 22 marzo 2014 un primo
    gruppo di lavoro per costituire  una commissione vaticana anti-abusi, di cui  fanno parte quattro uomini e
    quattro donne, fra cui una delle sopravvissute più celebri e combattive: l’irlandese Marie Collins, violentata da
    un sacerdote a tredici anni.
      Pende sul Vaticano la spada di Damocle della vicenda del nunzio Józef Wesolowski, sotto indagine nella
    Repubblica  Dominicana  per  avere  abusato  di  minori  delle  bidonville  della  capitale.  Le  accuse  sono
    circostanziate, tanto che papa Francesco ha richiamato il nunzio. Ma il prelato non è stato sottoposto a un
    processo né a Santo Domingo né in Polonia, sua patria, né in Vaticano perché sia acclarata la sua eventuale
    innocenza o punita la sua colpevolezza.
      L’uomo che sta rivoluzionando la Chiesa cattolica, al fondo, è poco conosciuto nella sua sfera più intima.
    Mediaticamente si impone ogni giorno come una figura potente, che anche da parte di non credenti viene
    avvertita istintivamente come segno di speranza e umanità. Le sue frasi più celebri sono sulla bocca di tutti. Il
    suo volto sorridente e determinato, la sua destra alzata in segno di saluto occupano gli schermi televisivi. A
    Borgo Pio, vicino al Vaticano, è apparso un murale (poi cancellato) che lo raffigurava come Superman, in volo
    con la valigetta dei «valori». Anche il periodico gay statunitense «The Advocate» lo ha proclamato personaggio
    dell’anno e la celebre rivista di musica e cultura pop «Rolling Stone» gli ha dedicato la copertina riecheggiando
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