Page 109 - Francesco tra i lupi
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diventato  cardinale  segretario  di  Stato  con  Giovanni  Paolo  II.  È  un  ceto  portatore  di  una  religiosità  non
    settaria, fermo sui principi essenziali, duttile nell’affrontare i problemi perché consapevole del pluralismo della
    società contemporanea. Francesco lo ha individuato come il più idoneo a sostenere in questa fase in curia il
    suo disegno riformatore.
      Prima che si chiudesse il 2013, il papa ha rinnovato la composizione di una congregazione chiave, quella dei
    Vescovi, che ha il compito di selezionare i nuovi presuli, seguire le attività delle conferenze episcopali e in
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    ultima istanza controllare i quadri dirigenti della Chiesa cattolica in tutto il pianeta . Le esclusioni hanno fatto
    scalpore. Non fanno più parte dell’importante congregazione il presidente della Cei cardinale Bagnasco e tre
    porporati  fortemente  caratterizzati  in  senso  conservatore:  l’ex  prefetto  della  congregazione  per  il  Clero
    Piacenza,  lo  statunitense  Burke  e  lo  spagnolo  Rouco  Varela,  cardinale  di  Madrid  ed  ex  presidente  della
    conferenza episcopale spagnola, promotore di accese manifestazioni di massa contro la legislazione familiare
    dell’allora premier socialista José Luis Zapatero. Resta escluso dalla plenaria della congregazione dei Vescovi –
    ed è la prima volta che accade – il prefetto del Sant’Uffizio.
      Nella congregazione dei Vescovi il papa ha immesso invece, tra gli altri, il terzetto di nuovi nominati in curia
    (Parolin, Stella, Baldisseri) e personalità aperte alle riforme come il cardinale brasiliano João Braz de Aviz, uno
    dei  più  energici  critici  della  curia  durante  le  riunioni  pre-conclave,  il  vice-presidente  della  Cei  Bassetti
    nonché l’inglese Nichols e il colombiano Salazar Gómez, di cui sono note le dichiarazioni di disponibilità al
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    riconoscimento delle unioni civili gay .
      Francesco mira ad una nuova generazione di vescovi, non più scelti principalmente in base all’ossequio o agli
    equilibri di corrente, ma caratterizzati dalla libertà di espressione e dalla capacità di parlare ad un’umanità «allo
    sbando». E chiede che la congregazione li scelga con autorevolezza e «grandezza di orizzonti». La Chiesa, ha
    detto intervenendo alla plenaria della congregazione nel febbraio 2014, «non ha bisogno di apologeti delle
    proprie cause né di crociati delle proprie battaglie, ma di seminatori umili e fiduciosi della verità».
      Così,  gradualmente,  papa  Francesco  posiziona  le  sue  pedine  sulla  scacchiera.  In  occasione  della  prima
    riunione del collegio cardinalizio (20-21 febbraio 2014) con un’agenda precisa – la questione della famiglia,
    con il corollario della comunione sinora negata ai divorziati risposati – il pontefice ha scelto quale relatore il
    cardinale Kasper. La sua posizione – «Ogni peccato può essere perdonato... non è immaginabile che uno cade
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    in un buco nero, da cui Dio non possa tirarlo fuori»  – indica l’obiettivo verso cui tende il pontefice: liberare
    la Chiesa dall’ossessione inquisitoria in materia sessuale e di rapporti affettivi. «Bisogna accompagnare, non
    condannare quanti sperimentano il fallimento del proprio amore», ha dichiarato il papa in vista del sinodo sulla
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    famiglia .
      Creando  nel  febbraio  2014  sedici  nuovi  cardinali  (oltre  a  tre  personalità  ultraottantenni,  tra  cui  Loris
    Capovilla,  segretario  di  Giovanni  XXIII),  Francesco  ha  intensificato  il  processo  di  globalizzazione  della
    Chiesa. Uno è di Haiti, quattro dell’America latina, due dell’Africa, due dell’Asia e uno del Canada. È stato
    calcolato  che  tra  cinque-sei  anni  Francesco  avrà  rinnovato  più  di  metà  del  conclave  e  lascerà  un  collegio
    elettorale ulteriormente mondializzato, in cui il peso dell’Europa e dell’Italia sarà destinato a diminuire. Ormai
    il futuro del cattolicesimo non è più nel vecchio continente ma tra le masse del Terzo mondo. Il pontefice ha
    rafforzato particolarmente la componente dell’America latina, dove vive quasi la metà dei cattolici del pianeta.
    Sono diventati cardinali gli arcivescovi di Buenos Aires, Rio de Janeiro, Santiago del Cile e Managua.
      Le mancate nomine sono state altrettanto indicative. Non ha ricevuto la porpora mons. Rino Fisichella,
    presidente del pontificio consiglio per la Nuova Evangelizzazione, istituito da Benedetto XVI. L’esclusione
    colpisce la linea dottrinaria-ideologica ratzingeriana, l’opposto dell’orizzonte in cui si muove Francesco con la
    sua concezione della Chiesa «ospedale da campo», che accoglie i feriti dell’epoca contemporanea. Nell’ambito
    della riforma della curia è in forse l’esistenza futura del consiglio retto da Fisichella. La nuova evangelizzazione
    ora  la  fa  personalmente  papa  Francesco  con  i  suoi  interventi  quotidiani.  Ad  esempio  battezzando  nella
    cappella Sistina – cuore della simbologia papale – il bimbo di una coppia cattolica sposata solo civilmente.
      Ha meravigliato che non siano diventati cardinali l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia e il patriarca di
    Venezia Francesco Moraglia, appoggiati rispettivamente da Ruini e da Bertone. Segno di un cambiamento di
    indirizzo.  Torino  e  Venezia  sono  notoriamente  sedi  cardinalizie,  ma  per  papa  Francesco  certe  diocesi
    prestigiose non assicurano più un automatico avanzamento di carriera. Bergoglio «mira a scardinare il gioco
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