Page 87 - Francesco tra i lupi
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delle pubbliche relazioni e frenetica nel twittare. I suoi tweet sono spericolati. «Il papa [Benedetto XVI] ha la
leucemia da oltre un anno», scrive nel febbraio 2012. E in crescendo: «Credo nella chiesa, una, santa, cattolica
e apostolica. Forse qualcuno questa frase dovrebbe ricordarla a Bertone», «Bertone corrotto. Pare ci sia di
mezzo l’archivio segreto e un’azienda veneta», «[Benedetto XVI] ha mollato. Da credente sono
semplicemente delusa». Ce n’è anche per l’ex ministro dell’Economia del governo Berlusconi: «Tremonti
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aveva il conto allo Ior. Ufficializzato che è gay, gliel’hanno chiuso» .
Inseguita dallo scandalo e minacciata di querele, la Chaouqui chiude l’account e dichiara che è stato infiltrato
da sconosciuti, i tweet non sarebbero suoi. La giovane pr è abilissima nelle scalate sociali e nel suo carnet sono
segnati Giulio Andreotti, la contessa Marisa Pinto Olori del Poggio, l’avvocato Patrizio Messina, con cui lavora
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nello studio Orrick, Stefano Lucchini di Eni, Gianluca Comin di Enel . Però l’aspetto più singolare è che
non ha alcuna delle competenze richieste per far parte di una commissione così impegnativa.
In mezzo agli altri membri – il presidente Joseph Zahra, ex direttore della banca centrale di Malta, il francese
Jean-Baptiste de Franssu, già amministratore delegato della società di investimenti Invesco Europe, lo
spagnolo Enrique Llano, finanziere che ha lavorato con le società di revisione internazionali Deloitte e Kpmg,
il tedesco Jochen Messemer, presidente della società di investimenti Ergo International, l’uomo d’affari
francese Jean Videlain-Sevestre e l’ex ministro degli Esteri di Singapore George Yeo – Francesca Immacolata
Chaouqui sembra capitata per caso.
All’indomani della nomina ci si chiede in Vaticano chi abbia infilato il suo nome nella lista da sottoporre al
pontefice. Alcune tracce portano al segretario della commissione, l’opusdeino spagnolo Vallejo Balda che ha
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preparato il suo lusinghiero curriculum . Aver permesso l’accesso a carte riservatissime del settore
finanziario della Santa Sede ad una persona, considerata gola profonda del giornalista Gianluigi Nuzzi e del sito
«Dagospia», fa infuriare papa Francesco, tenuto all’oscuro del suo reale profilo. «È stata una scelta non
opportuna – ha commentato, nel vivo delle polemiche, un prelato che conosce bene Bergoglio – e la persona
che l’ha raccomandata dovrà spiegarsi». Il pontefice, però, sa aspettare. Otto mesi dopo, quando sarà creato il
nuovo consiglio per l’Economia, Vallejo Balda non ne farà parte.
All’oscuro papa Francesco è stato tenuto anche quando decide di nominare mons. Battista Ricca prelato
dello Ior. Contro Ricca, un passato nel servizio diplomatico della Santa Sede, circolano nel palazzo apostolico
accuse circostanziate. Durante la sua permanenza a Montevideo, dove era arrivato nel 1999, gli si rimprovera
l’amicizia con un capitano dell’esercito svizzero, Patrick Haari. In seguito a ripetuti incidenti il nunzio Janusz
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Bolonek riuscì a ottenere dalla Segreteria di Stato nel 2001 l’allontanamento di Ricca .
Al momento della nomina la Segreteria di Stato, guidata ancora dal cardinale Bertone, trasmette al papa un
dossier immacolato. Lo scandalo scoppia soltanto dopo. Francesco lo padroneggia. Ai giornalisti spiega: «Con
mons. Ricca ho fatto quello che il diritto canonico manda a fare, che è la investigatio praevia (indagine
preliminare). E da questa investigatio non c’è niente di quello di cui l’accusano, non abbiamo trovato niente di
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quello» .
È la conferma che al papa argentino non era stato fatto un quadro completo della situazione. Però poi il
pontefice dà ai media e al personale vaticano, che utilizzano a fasi alterne notizie compromettenti, una piccola
lezione di eleganza: «Io vedo che tante volte nella Chiesa, al di fuori di questo caso e anche in questo caso, si
vanno a cercare i “peccati di gioventù”... e questo si pubblica. Non i delitti, eh? I delitti sono un’altra cosa:
l’abuso sui minori è un delitto. No, i peccati. Ma se una persona, laica o prete o suora, ha fatto un peccato e
poi si è convertito, il Signore perdona e il Signore dimentica e noi non abbiamo il diritto di non
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dimenticare» .
Rispetto ai tempi di Buenos Aires Francesco ha uno svantaggio. In patria conosceva ad uno ad uno gli
ottocento sacerdoti della sua diocesi. A Roma non possiede questa conoscenza dell’apparato vaticano e finché
non avrà creato una squadra sufficientemente ramificata, rimane esposto a incidenti del genere.
A sua volta il mondo curiale vive in un’atmosfera di incertezza, non sa bene quale direzione prenderà la
rivoluzione di Francesco. «Gli schemi di prima sono saltati», nota il cardinale Renato Martino con
l’esperienza del diplomatico di lungo corso.
La sensazione che non si sappia esattamente quale sarà il punto di arrivo della nuova stagione è condivisa
contemporaneamente da sostenitori e avversari. «Prego per il papa perché un domani, quando sarà finita la