Page 84 - Francesco tra i lupi
P. 84
rete tra le sigle conservatrici. In questa fase di rivolgimento i siti e i blog minoritari non si limitano a
rappresentare i propri gruppi, ma fanno da megafono a resistenze e critiche diffuse in settori non irrilevanti
della gerarchia e dell’apparato ecclesiastico. A Roma e nel mondo. «Sento in giro una nostalgia canaglia per
Ratzinger, che viene usata per denigrare il suo successore», si è sfogato un conoscitore della curia, il segretario
282
della pontificia commissione per l’America latina Guzmán Carriquiry .
Il martellamento critico è inesorabile. Questo papa, che nelle udienze generali si toglie e mette lo zucchetto
bianco, magari lo regala e se ne prende uno dal pubblico, gioca a fare il «vecchio nonno che intrattiene il
283
nipote... [tende] a desacralizzare i simboli del papato per svilirli e abolirli» . Da subito il sito «Pontifex»
rinfaccia a Francesco «populismo, pauperismo e demagogia». «Papa piacione» lo chiama il blog «Messa in
Latino», denunciando il suo stile come una «critica implicita del pontificato di Benedetto».
Negli Stati Uniti impazza «Tradition in Action», che elenca quarantotto peccati di Francesco contro il
protocollo tradizionale, sotto il titolo «Bergoglio e la devastazione dei simboli papali». Lo stile del sito è quello
delle campagne politiche americane, miranti a distruggere l’avversario. Nella lista delle colpe c’è di tutto: dalla
posizione delle candele sull’altare all’abbandono della Mercedes papale, dal rifiuto di indossare le vesti con i
pizzi al fatto che durante la messa il diacono non si inginocchi dinanzi al papa, quando impartisce la
benedizione. Accuse a ripetizione. Non va bene il modo «improprio» di distribuire la comunione, non va
bene il rifiuto di stare seduto sul trono. Il simbolo del trono ossessiona i conservatori a oltranza. «Tradition in
Action» pubblica le foto di Francesco e Benedetto XVI nella basilica di San Giovanni in Laterano, per far
vedere come il papa argentino abbia mandato in soffitta il pesante trono dorato di Ratzinger per accontentarsi
di un sobrio seggio bianco. Costante è l’invito a non idolatrare papa Francesco. Cioè a distanziarsi.
E poi c’è l’accusa di «non volere indossare il mantello dell’autorità di Cristo... di credere apparentemente che
284
la dottrina cattolica debba adattarsi all’umanità e non viceversa» . È una tempesta di attacchi che arriva al
dileggio. «Il mondo plaude Bergoglio, il pauperista... perché parla alla pancia della gente... dicendo ciò che essa
vuole sentirsi dire: Dio perdona sempre tutti... viva l’amore... vogliamoci tutti bene... solidarietà,
285
miserabilismo, terzomondismo, ecologismo e un pizzico di femminismo che non guasta mai» .
Concetti simili, in maniera più sofisticata, cauta e allusiva, si possono sentire in certe stanze vaticane. Il papa,
che nella residenza Santa Marta va alla macchinetta del caffè e parla familiarmente con le impiegate della
reception, fa impazzire i cultori della sacralità papale. Scalfire l’icona di un’autorità vicina al cielo è intollerabile
per una parte del mondo ecclesiastico e foriero di guasti futuri per il cattolicesimo. Un passo rovinoso verso
una deriva protestante.
Si può parlare con un cardinale per un’ora intera senza che affiorino critiche al pontefice e poi, quasi sulla
porta, prorompe lo sfogo: «Non è bene che un papa dia interviste ai giornali... Sta creando troppe
commissioni... Troppe critiche ai preti: faranno pure qualcosa di buono!».
Mons. Georg Gänswein a colloquio con il settimanale tedesco «Die Zeit» ha dato voce ad un’inquietudine
diffusa. La rivista, seppur non tra virgolette, ha scritto che il braccio destro di Benedetto XVI ha vissuto come
un «affronto» la decisione di Francesco di non abitare negli appartamenti papali. Gänswein esclama
286
sconsolato, testualmente: «Ogni giorno aspetto di nuovo cosa sarà diverso [da prima]» . Di fronte all’eco
suscitata dalle sue parole, il segretario di Benedetto XVI ha dichiarato di non avere concesso un’intervista al
settimanale.
Precisi segnali di dissenso, per di più espressi in maniera formale, sono venuti dai settori conservatori
dell’episcopato statunitense. Il vescovo di Providence (Rhode Island) mons. Thomas Joseph Tobin si è detto
«deluso» sul giornale diocesano che il papa nell’intervista alla «Civiltà Cattolica» non abbia trattato abbastanza la
questione dell’aborto e dei «figli non nati». Il pontefice, ha soggiunto, dovrebbe incoraggiare maggiormente i
movimenti per la vita. A Filadelfia, mons. Charles Chaput, primo vescovo pellerossa della storia, ha pubblicato
sul sito della diocesi il monito che «tutti gli attacchi diretti contro la vita umana innocente, come l’aborto e
l’eutanasia, colpiscono le fondamenta della casa di Dio».
In Italia gli ambienti contrari al cambiamento – e specialmente al modello partecipativo di Chiesa cui tende
Francesco – hanno trovato nel «Foglio» di Giuliano Ferrara un canale privilegiato. Ciò che i nostalgici del
ruinismo e dell’ideologia ratzingeriana non possono dire in prima persona, fluisce attraverso le firme laiche
del giornale.