Page 38 - Francesco tra i lupi
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VI. Faccia di parroco














    Francesco si fa abbracciare. Cerca il contatto con le persone, le tocca e si fa toccare. Provocò un’alzata di
    sopracciglia nelle stanze vaticane l’immagine del cardinale americano Dolan, che nella sala Clementina due
    giorni dopo l’elezione gli mette confidenzialmente la mano sulla spalla. Francesco rimase sorridente.
      La prossimità fisica è parte del suo modo di comunicare. In questo è molto sudamericano, ma potrebbe
    anche essere africano o mediterraneo. Non vuole essere una statua. I fedeli appena possono lo abbracciano, e
    lo  tengono  stretto  come  quel  militare  italiano  reduce  dall’Afghanistan,  che  volle  sentirselo  vicino  a  lungo.
    «Giovanni Paolo II si veniva a vedere, Benedetto XVI ad ascoltare, Francesco a toccare», esclama il cardinale
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    Tauran .
      Tre milioni di persone si ammassano il 28 luglio 2013 a Copacabana, su quattro chilometri di spiaggia, per
    assistere alla messa finale del papa per le giornate mondiali della gioventù. Alla vigilia del suo primo Natale in
    Vaticano  oltre  un  milione  e  mezzo  di  fedeli  e  pellegrini  ha  già  partecipato  alle  sue  udienze  in  piazza  San
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    Pietro .  Non  c’è  distanza  tra  i  fedeli  e  il  papa.  Francesco  non  si  china  verso  di  loro,  mantenendo  una
    separatezza protocollare. Li prende, li tira a sé, li accarezza, si lascia circondare. Parla con i fedeli e li ascolta
    fissandoli bene in viso. Se piove, resta a testa scoperta anche lui come la massa dei pellegrini.
      A Buenos Aires non era così. Indossata la tonaca bianca, si è spezzata una sua antica corazza di timidezza e
    pudore. «Era più silenzioso e introverso», esclama il prete della baracche Pepe Di Paola. Qualcosa è cambiato
    in lui. Il direttore della rivista culturale argentina «Criterio», José María Poirier, lo vedeva in patria «quasi
    triste, preoccupato, di pochissime parole, mai sorridente». Persino nella curia generalizia dei gesuiti a Roma
    qualche confratello rammenta che talvolta dava l’impressione di essere «scontroso e chiuso in sé».
      In Vaticano l’aura speciale di un neo-pontefice la chiamano «grazia di stato», come se lo Spirito Santo facesse
    discendere  sul  prescelto  doti  nuove.  Lo  garantisce  il  catechismo  al  paragrafo  2004.  Di  fatto  Jorge  Mario
    Bergoglio, dal primo incontro con la folla in piazza San Pietro e specie dopo il viaggio in Brasile, ha registrato
    l’entusiasmo crescente dei fedeli e questo lo ha spinto ad esprimere più apertamente (sorprendendo se stesso)
    la tenerezza che raccomandava ai suoi sacerdoti nei rapporti con le persone.
      Francesco è “vicino”. Karol Wojtyla, che pure alla sua morte fu rimpianto come padre e nonno, dava la
    sensazione di parlare a ciascuno in mezzo alla massa, eppure conservava una sua autorità regale e anche nel
    contatto personale non cancellava una differenza di posizione. Francesco annulla ogni barriera. È vicino come
    un parente, disarmante nella sincerità con cui ricorda i precetti evangelici, predica la misericordia e invita a
    non avere paura della tenerezza. I bambini nell’aula delle udienze possono andare verso di lui mentre tiene un
    discorso. Come uno zio, passa loro la mano tra i capelli e non si scompone se qualcuno si arrampica sul seggio
    papale. L’unica autorità che esiste e regna nella Chiesa – lascia capire – è Cristo, di cui lui è discepolo.
      Non  vuole  schermi  protocollari  intorno  a  sé.  Tollera  i  gendarmi  vaticani  e  ne  apprezza  la  fedeltà,  ma
    vorrebbe farne a meno. «Non mi servono le guardie, non sono un indifeso», è sbottato nei primi tempi. Il
    giorno dopo l’elezione, andando a Santa Maria Maggiore per pregare davanti all’immagine della «Madonna
    Salvezza  del  popolo  romano»,  ha  intimato  che  la  basilica  rimanesse  aperta  a  fedeli  e  turisti  durante  la  sua
    preghiera. Sull’altare ha lasciato un mazzo di fiori come un parroco di campagna. In basilica è tornato dopo il
    viaggio a Rio de Janeiro, deponendo un pallone colorato e una maglietta: ex voto mai visti da parte di un
    pontefice.
      «Abbiamo bisogno che il nostro cuore si commuova – ha detto il giorno di Natale – Lasciamolo riscaldare
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    dalla  tenerezza  di  Dio,  abbiamo  bisogno  delle  sue  carezze» .  La  sua  magia  consiste  nel  modo  con  cui  fa
    emergere bisogni profondi, nascosti nell’intimo di milioni di persone. Prima ancora che Bergoglio apparisse
    alla loggia in quello storico 13 marzo, c’era un cattolicesimo diffuso che già sognava un “Francesco”. Il nome
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