Page 22 - Francesco tra i lupi
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IV. I segreti del conclave anti-italiano
È anti-italiano il conclave dell’anno 2013. Se ne accorge subito, arrivando a Roma per l’elezione del nuovo
papa, il cardinale di Lima Juan Luis Cipriani, opusdeino. Le simpatie dell’Opus Dei vanno in prima battuta al
cardinale Scola, ma l’organizzazione non si immola per una causa persa. Cipriani avverte che specialmente tra
i porporati statunitensi circola un «sentimento anti-italiano» unito all’«idea fissa» che il nuovo papa debba essere
un latino-americano. Questo sentimento di ostilità ad un papabile d’Italia, spiegherà in seguito, «si è esteso
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anche tra le porpore italiane» .
È una Roma strana, quella in cui i cardinali d’Oltralpe e d’Oltreoceano giungono per decidere la successione
di Benedetto XVI. Una Roma senza papa, ma in cui il papa di prima è presente. Non c’è bara, non c’è lutto,
non c’è l’apoteosi che archivia totalmente il passato. Da Castel Gandolfo il pontefice emerito segue i
preparativi del conclave.
Le gerarchie ecclesiastiche sono rimaste sotto shock per le dimissioni. Ci sono cardinali che a quattr’occhi
giudicano irresponsabile Ratzinger per aver aperto la strada ad un pontificato a termine. Qualche porporato di
curia, per mascherare il disagio, prova a scherzare: «Gli avrei detto: “Santità, si prenda un mese di vacanza e
poi diminuisca gli impegni”. Così Benedetto XVI ha messo in difficoltà i successori». Il cardinale Camillo
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Ruini chiosa: «Le decisioni del papa non si discutono, ma si accolgono anche quando provocano dolore» .
Il popolo dei credenti, invece, assorbe presto il colpo, capisce Ratzinger umanamente. Sebbene in molti
permanga il desiderio che i pontefici «rimangano sino alla fine, se sentono di farcela». Un messaggino sul
cellulare segnala in quei giorni lo sconcerto: «Ora si dimetterà anche Dio?». I romani, come spesso accade, si
lasciano guidare dall’istinto: «Io dico che l’ha fatto per togliere di mezzo tutti. Sbaglio?», esclama la signora
Tiziana, che ha l’edicola di fronte a piazza San Pietro.
L’agenda fissata da Benedetto XVI ha prodotto una fase pre-conclave eccezionalmente lunga. In genere tra la
morte di un pontefice e l’apertura del conclave passano una ventina di giorni. Questa volta l’attesa sembra
infinita. C’è un mese intero tra l’abdicazione e l’ingresso dei cardinali nella cappella Sistina. Due le scadenze
intermedie: il 28 febbraio è la data della partenza di Benedetto XVI, il 4 marzo iniziano le congregazioni
generali di tutti i cardinali, durante le quali si discuterà dello stato della Chiesa.
Prima che il collegio dei cardinali si riunisca in assemblea e mentre lentamente affluiscono a Roma i
cardinali stranieri, partono le manovre. «Vogliono un papa che non ci piace. Faremo di tutto per impedirlo»,
scandisce un cardinale di curia italiano. Il riferimento è all’arcivescovo di Milano Scola. Un porporato
europeo rammenta: «Le autocandidature italiane davano fastidio». I cardinali venuti da fuori Italia sono
riluttanti ad accettare una candidatura che appare prefabbricata. Un singolare documento, inoltrato dal
cardinale Castrillón Hoyos personalmente a Benedetto XVI nel dicembre 2011 e scoperto durante la vicenda
Vatileaks, ha provveduto a spargere veleni con largo anticipo. È uno scritto bizzarro, denunciava un complotto
contro il pontefice tedesco, ma in realtà è stato confezionato per suggerire con due anni di anticipo il ritiro di
Ratzinger «entro dodici mesi». Il secondo obiettivo era di attaccare Scola: «In segreto il Santo Padre si starebbe
occupando della sua successione e... lentamente ma inesorabilmente lo starebbe preparando... a ricoprire
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l’incarico di papa» . La storia dei conclavi è caratterizzata anche da simili intrighi.
I cardinali italiani con diritto di voto in conclave sono ventotto. Sulla carta sarebbero un formidabile gruppo
di pressione, però sono divisi. E nei confronti degli italiani è montata negli ultimi anni un’onda di malumore.
I cardinali stranieri sono stanchi del dissesto della curia e delle guerre intestine, sbandierate ai quattro venti
grazie alle carte segrete apparse sulla stampa internazionale.
Non ci sono – a differenza del 2005 – personalità che spicchino nell’opinione pubblica come erano
Ratzinger e Martini. In questo clima confuso i porporati cercano di definire l’identikit del pontefice più