Page 17 - Francesco tra i lupi
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guardare dall’alto l’umanità, è un «Tu» con cui si può entrare in relazione, un volto reale «visibile in Gesù
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    Cristo» . Ancora pochi giorni prima di dimettersi, Benedetto XVI ritorna sul concetto che ha costituito il
    cuore della sua missione. «Il desiderio... di vedere il volto di Dio è insito in ogni uomo, anche negli atei... noi
    abbiamo  forse  inconsapevolmente  questo  desiderio  di  vedere  semplicemente  chi  Egli  è...  chi  è  per  noi...
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    questo desiderio si realizza seguendo Cristo» .
      Il suo è un pontificato drammatico. Ratzinger, grande teologo, pensatore e predicatore, è inchiodato suo
    malgrado al posto di comando di un’organizzazione che abbraccia oltre un miliardo e duecento milioni di
    uomini e donne nei cinque continenti. Benedetto XVI è lacerato tra le sue responsabilità e l’incapacità di
    padroneggiare l’arte del governo. Impacciato dalla mancanza di collaboratori, che lo aiutino a compensare le
    sue doti di teorico con una robusta conoscenza dell’apparato vaticano e della molteplice realtà contemporanea.
    La fase finale del suo regno vede una Chiesa «avvitata su se stessa e in preda alla disperazione», ammette lo
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    storico Andrea Riccardi . La svolta dell’elezione di Francesco si comprende unicamente sullo sfondo della
    parabola di Benedetto XVI e dei limiti insiti nel percorso trionfale di Giovanni Paolo II.
      Karol Wojtyla interpreta la salvaguardia dell’identità cattolica in modo dinamico. Non difende la fede, ne
    afferma l’attualità. È un papa geopolitico che intuisce la globalizzazione. I suoi viaggi, che all’inizio sembrano
    assomigliare a un frenetico turismo religioso, ricreano il senso di unità della Chiesa e rafforzano i legami tra il
    papato e le province dell’impero cattolico. Wojtyla si presenta come portavoce dei diritti umani oltre ogni
    frontiera culturale, religiosa, socio-politica. Lancia il dialogo con i grandi monoteismi, entra nella sinagoga di
    Roma e nella moschea di Damasco per cementare la fede nel Dio Unico e contrastare il fondamentalismo e il
    terrorismo di matrice religiosa.
      Dopo il crollo dell’Unione sovietica e la liberazione della Polonia sua patria, Giovanni Paolo II denuncia la
    solitudine  egemonica  degli  Stati  Uniti  e  attacca  duramente  il  liberismo  selvaggio  che  corrode  l’economia
    mondiale. Gravemente malato, guida una mobilitazione religiosa e diplomatica contro l’invasione dell’Iraq da
    parte del presidente americano Bush, giudicandola profeticamente – e lo dimostreranno le vicende successive
    – una catastrofe politica e umanitaria.
      Non mancano ombre. Le denunce insabbiate contro il fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel,
    responsabile di gravi crimini sessuali. La repressione della teologia della liberazione e della ricerca teologica
    innovativa. La nomina di vescovi selezionati precipuamente per fedeltà. Il no alla comunione per i divorziati
    risposati. Il rifiuto di un approccio nuovo alla problematica sessuale. L’assenza di una riflessione critica sulla
    crisi  delle  vocazioni.  Il  mantenimento  delle  donne  in  ruoli  secondari  nella  Chiesa  nonostante  gli
    apprezzamenti pubblici sul «genio femminile».
      Restano del suo pontificato tre grandi segnali rivolti al futuro. La convocazione ad Assisi nel 1986 di tutti i
    capi religiosi del mondo per una preghiera comune per la pace: riconoscimento rispettoso della dignità di
    ogni essere umano nel suo rivolgersi alla divinità secondo le proprie tradizioni. Il grande mea culpa dell’anno
    giubilare 2000 per gli errori e gli orrori commessi dalla Chiesa nel corso dei secoli. Infine l’enciclica Ut unum
    sint del 1995, in cui per la prima volta nella storia un pontefice invita i leader delle Chiese cristiane ad una
    comune rielaborazione del ruolo del papa di Roma in vista di un ricongiungimento ecumenico.
      Dopo di lui verrà la stagnazione. Joseph Ratzinger si assesta su una posizione difensiva dell’identità cristiana,
    evocando l’immagine di una Chiesa assediata da una torma di spettri: relativismo, materialismo, libertinismo,
    sincretismo, nichilismo, consumismo, ateismo, individualismo, agnosticismo, laicismo, secolarismo. La fede,
    proclama continuamente, è minacciata da un contesto che «tende a cancellare Dio dall’orizzonte della vita... e
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    non aiuta a discernere il bene dal male» . Nel suo pensiero la società occidentale – centro della sua attenzione
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    – cospira per ridurre la religione alla sfera privata .
      Diventano  parole  d’ordine  inappellabili,  che  almeno  in  teoria  i  parlamentari  cattolici  sono  tenuti  ad
    osservare ovunque, i cosiddetti «principi non negoziabili»: inviolabilità della vita dal concepimento alla fine
    naturale, indissolubilità del matrimonio tra uomo e donna, libertà educativa cioè dovere statale di finanziare le
    scuole cattoliche. Alcuni episcopati, tra cui quello italiano, ne faranno un’arma di battaglie politiche.
      Sul piano liturgico Benedetto XVI propugna un recupero del senso del sacro e del mistero nei riti, che si
    traduce nella piena equiparazione tra la messa post-conciliare e l’antica messa tridentina, in cui il popolo è
    ridotto a gregge. Nelle cerimonie pontificie si assiste ad un recupero di paramenti e oggetti del passato. La
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