Page 18 - Francesco tra i lupi
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croce astile di Paolo VI, con il Cristo sofferente sulla croce, viene accantonata. Tornano in auge le mitrie
    imponenti di Pio IX e riappare nei concistori l’alto trono papale, eliminato come anacronistico da Giovanni
    Paolo II. Finisce sotto tiro il riformismo post-conciliare, accusato di interpretare i documenti del Vaticano II
    nel segno di una «rottura» con la tradizione.
      È sul piano del governo, tuttavia, che il pontificato ratzingeriano finisce in un vicolo cieco. Il crescendo di
    incidenti è impressionante. Un anno dopo l’elezione, Benedetto XVI provoca un conflitto con il mondo
    islamico per un’improvvida citazione su Maometto. Con l’ebraismo entra in crisi più volte: per la revoca della
    scomunica al vescovo lefebvriano Richard Williamson, negazionista antisemita, poi per la nuova preghiera del
    venerdì santo nella messa tridentina, in cui si adombra la necessità di una conversione degli ebrei. Infine, per
    l’esaltazione di Pio XII. Con le organizzazioni sanitarie internazionali lo scontro è sul preservativo, accusato
    dal  pontefice  di  «aggravare»  il  problema  dell’Aids.  Con  i  cattolici  la  frattura  nasce  dalle  concessioni  al
    movimento scismatico del vescovo Marcel Lefebvre, che rifiuta i documenti fondamentali del concilio su
    libertà religiosa, libertà di coscienza, ecumenismo e i rapporti con l’ebraismo e l’islam.
      Si aggiunge nel 2010 l’esplodere delle rivelazioni sugli abusi sessuali del clero negli Stati Uniti, in Irlanda, in
    Belgio,  in  Germania,  in  Austria,  con  accuse  documentate  al  Vaticano  di  avere  insabbiato  per  anni  le
    testimonianze delle violenze e di aver tollerato lo spostamento di preti pedofili da una parrocchia all’altra. Lo
    scandalo lambisce direttamente la persona di Ratzinger, per il suo ruolo di arcivescovo di Monaco di Baviera
    dal 1977 al 1982. Un prete pedofilo, Peter Hullermann, era stato da lui accolto in diocesi per un periodo di
    terapia,  ma  dopo  poche  settimane  gli  era  stato  già  affidato  un  nuovo  incarico  pastorale  e  nel  1986  verrà
    nuovamente condannato per abusi.
      Il 2010 è lo spartiacque del pontificato. Superati gli ottantatré anni, reso molto fragile, Ratzinger si rende
    conto che reggere il timone diventa un compito al limite dell’impossibile. Il cuore è sempre più sotto sforzo –
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    da tempo il papa ha un pacemaker per combattere una fibrillazione atriale cronica  –, l’occhio sinistro gli
    causa problemi, camminare diventa di giorno in giorno più faticoso. Nel luglio del 2009, alzatosi di notte dal
    letto, Benedetto XVI cade e si frattura il polso destro nella casa di vacanze in Val d’Aosta.
      Ma  non  è  il  fisico  la  spina  più  acuta  del  pontificato.  Sono  i  problemi  di  governo.  Il  segretario  di  Stato,
    cardinale Tarcisio Bertone, si è rivelato incapace di stabilire un rapporto di lavoro proficuo con la curia. Lo
    accusano  di  essere  accentratore,  di  non  conoscere  l’apparato  e  mancare  di  esperienza  diplomatica,  di
    comportarsi da vice-papa e improvvisare troppo.
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      Chiedono di sostituirlo i cardinali Schönborn, Scola, Bagnasco e Ruini . Il suggerimento viene al  papa
    anche da un amico personale, il cardinale Joachim Meisner, dopo la catastrofe mediatica del caso Williamson:
    «Santo Padre, dovete dimettere il cardinale Bertone! Lui è responsabile, esattamente come un ministro in un
    governo  secolare».  Ma  Ratzinger,  leale  verso  i  collaboratori,  si  rifiuta  scandendo  in  italiano:  «Basta,  basta,
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    basta!... Bertone rimane!» . E tuttavia cercare di silenziare i critici non basta. Benedetto XVI è consapevole
    che  il  pontificato  non  può  proseguire  così.  Nel  corso  del  2010  confida  al  suo  biografo  Peter  Seewald  –
    autorizzando la pubblicazione in un libro – che in presenza di un pericolo «non si può scappare». Ci si può
    dimettere invece «in un momento di serenità o quando semplicemente non ce la si fa più». Anzi, se un papa
    arriva  alla  conclusione  di  non  essere  più  in  grado  per  «ragioni  fisiche,  psichiche  o  mentali»  di  svolgere
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    l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in certi casi persino il «dovere di dimettersi» .
      L’anno precedente, recandosi all’Aquila per consolare le vittime del terremoto, Benedetto XVI ha compiuto
    un  gesto  discreto  e  simbolico.  Ha  lasciato  il  pallio  papale  sulla  tomba  di  Celestino  V,  celebre  papa
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    dimissionario .
      Nella quiete relativa del 2011 Joseph Ratzinger matura le sue scelte. Qualcosa sembra trapelare. Antonio
    Socci, giornalista legato a Comunione e liberazione, scrive nel settembre dello stesso anno che il papa «non
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    scarta la possibilità di dimettersi allo scoccare dei suoi 85 anni», cioè nel 2012 . Rilancia l’articolo il sito dei
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    giovani salesiani, con espressioni di allrme: le dimissioni «per noi sarebbero una sciagura» . Ma nessuno è
    disposto  a  credere  all’inaudito.  Il  cardinale  Jean-Louis  Tauran,  promosso  nel  febbraio  2011  a  cardinale
    “protodiacono di Santa Romana Chiesa”, si sente dire da Benedetto XVI: «Lei annuncerà il nuovo papa!».
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    «Per l’amor di Dio, no», risponde confuso il porporato francese .
      Durante il viaggio in Messico e a Cuba nel marzo 2012, Benedetto XVI cade di notte nel suo alloggio nella
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