Page 23 - Francesco tra i lupi
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adatto. Per oltre un secolo la Chiesa cattolica ha vissuto un crescendo di prestigio e influenza: da Leone XIII a
    Pio XII, da Giovanni XXIII a Paolo VI, a Giovanni Paolo II. Poi è venuto il contraccolpo del pontificato di
    Ratzinger con l’esplodere di crisi a ripetizione. Persino in Italia il consenso per Benedetto XVI è crollato nel
    2012 al 39 per cento, secondo un sondaggio Eurispes.
      Tuttavia, mentre si sta mettendo in moto la ricerca del successore di Ratzinger, il collegio cardinalizio deve
    attraversare un’altra prova. Lo shock di uno scandalo sessuale, che investe un loro confratello. È il primate di
    Scozia,  cardinale  Keith  O’Brien,  arcivescovo  di  Edimburgo.  Tre  preti  e  un  ex  sacerdote  lo  accusano  di
    molestie  negli  anni  Ottanta.  Chi  è  stato  avvicinato  dopo  le  preghiere  serali  da  O’Brien,  suo  direttore
    spirituale, chi circuito in parrocchia, chi invitato a trascorrere una vacanza nella residenza dell’arcivescovo ed
    approcciato a notte fonda dopo una gran bevuta. Tutti hanno ceduto, dicono, per timore delle loro carriere.
      È  il  23  febbraio,  mancano  cinque  giorni  all’addio  di  Benedetto  XVI.  O’Brien  contesta  le  accuse.
    Ventiquattr’ore dopo il portavoce papale Federico Lombardi dichiara: «Il papa è informato, la questione è nelle
    sue mani». Benedetto XVI agisce con estrema rapidità. La denuncia dei quattro molestati era stata trasmessa al
    nunzio vaticano in Gran Bretagna, mons. Antonio Mennini, una settimana prima delle dimissioni papali.
    Non c’è alcun sospetto di una montatura legata all’imminente conclave.
      Il  pontefice  tedesco  costringe  il  porporato  scozzese  ad  accettare  una  soluzione  esemplare.  «Il  cardinale
    O’Brien  non  parteciperà  al  conclave»  annuncia  il  sito  della  Radio  vaticana  il  25  febbraio.  Il  cardinale
    abbandona la diocesi di Edimburgo e il 3 marzo chiede scusa ufficialmente per una «condotta sessuale caduta al
    di sotto degli standard, che mi erano richiesti in quanto prete, arcivescovo e cardinale». Per lunghi anni uno
    degli accusatori aveva mantenuto contatti regolari con il cardinale ed era ricevuto abitualmente nella residenza
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    ufficiale ad Edimburgo .
      Tra i cardinali arrivati a Roma, l’affare O’Brien e la punizione inflittagli provocano una scossa. È come se,
    dopo le dimissioni papali, le notizie inaudite si accavallassero una dopo l’altra, rendendo visibile la situazione
    di  emergenza  in  cui  si  trova  la  Chiesa  cattolica.  Nello  stesso  periodo  esplodono  le  polemiche  su  un  altro
    cardinale elettore, Roger Mahony, arcivescovo di Los Angeles dal 1985 al 2011. Sotto la sua gestione oltre
    centoventi casi di abusi si sono registrati in diocesi. Quando il tribunale ha obbligato l’arcidiocesi a pubblicare
    la corrispondenza del cardinale con il suo vicario episcopale, Thomas Curry, sono venute alla luce le manovre
    di Mahony per sviare l’azione della giustizia.
      Il nuovo arcivescovo di Los Angeles, mons. José Gómez, reagisce togliendo qualsiasi incarico pubblico al suo
    predecessore e definendo «dolorosa e brutale» la lettura della documentazione. Anche se poi il Vaticano lo
    costringe ad una apparente riappacificazione con Mahony.
      Tra i casi imputati al cardinale Mahony c’è la mancata denuncia alla polizia del sacerdote Kevin Barmasse,
    che sistematicamente forniva bevande alcoliche a minorenni di cui poi abusava. Un doppio crimine per la
    legge della California. Poi c’è la vicenda del sacerdote Michael Baker, ridotto successivamente allo stato laicale,
    che incontra nel 1996 l’arcivescovo Mahony e gli confessa di avere molestato due fratellini per quasi sette anni
    (uno aveva dieci anni, l’altro quattordici). Baker viene mandato in New Mexico per una terapia, rientra a Los
    Angeles, riceve un incarico pastorale ufficialmente a contatto con soli adulti, infine torna ad abusare di due
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    minori .
      Negli Stati Uniti l’associazione Catholics United diffonde una petizione affinché a Mahony sia vietato di
    partecipare al conclave. In Italia la rivista cattolica «Famiglia cristiana» lancia un sondaggio tra i suoi lettori.
    Deve  o  non  deve  entrare  in  conclave?  Stravincono  i  no.  Persino  in  Vaticano  c’è  chi  suggerisce  un  passo
    indietro. «Mahony potrebbe essere consigliato a non andare in conclave», commenta il cardinale Velasio De
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    Paolis, commissario per i Legionari di Cristo . Mahony arriverà lo stesso a Roma.
      Sull’onda  delle  polemiche  Snap,  l’organizzazione  statunitense  delle  vittime  di  abusi,  mette  all’indice  altri
    dodici cardinali elettori. Il portavoce vaticano Lombardi ribatte duramente: «Non spetta a Snap dire chi deve
    partecipare al conclave». Ma la novità di questo interregno è che non esistono più intoccabili. I mass media,
    l’opinione pubblica, il giornalismo investigativo sono fattori che la Chiesa cattolica non può più ignorare. La
    Segreteria di Stato reagisce nervosamente con una nota in cui denuncia il tentativo di condizionare l’elezione
    papale. Il decano del collegio cardinalizio, Sodano, invece tace.
      Le  due  vicende  rafforzano  la  spinta  ad  aprire  nella  Chiesa  una  fase  completamente  nuova.  La  richiesta
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