Page 27 - Francesco tra i lupi
P. 27

sono percepiti come i favoriti. Benedetto XVI, ricevendo i vescovi lombardi in Vaticano pochi giorni prima
                                                                                                    78
    di lasciare la carica, li aveva esortati ad essere «cuore credente dell’Europa... luce per tutti» . L’augurio viene
    interpretato come un appoggio alla candidatura di Scola. «In casa Ratzinger – confesserà in seguito il fratello
    del  pontefice  emerito  Georg  al  giornale  «Muenchner  Merkur»  –  si  contava  piuttosto  su  un  italiano  come
    successore».
      I porporati statunitensi hanno preso, tuttavia, una decisione strategica. Avrebbero anche loro alcuni papabili
    di calibro. Oltre a O’Malley, il cardinale Dolan o Donald Wuerl di Washington. Però rifiutano voti a loro
    favore. Preferiscono essere king maker, creatori di re, invece che papabili. Il cardinale Wuerl, sostanzialmente
    a  nome  di  tutti,  spiega  la  motivazione  politica:  «Un  pontefice  proveniente  dalla  superpotenza  americana
                                                                                                     79
    incontrerebbe  molti  ostacoli  nel  presentare  un  messaggio  spirituale  al  resto  del  mondo» .  Su  questa  base
    O’Malley e Dolan proseguono i contatti con Maradiaga.
      Tutto sommato l’idea di ripescare Bergoglio dopo la partita persa del conclave 2005 acquista consistenza
    abbastanza tardi. «Pensammo concretamente al suo nome – ricorda uno dei suoi sostenitori – soltanto quando
    dopo le prime due riunioni pre-conclave ci siamo accorti che nessuno dei papabili in voga sarebbe riuscito a
    raggiungere la maggioranza richiesta». Sono valutazioni che rimangono in ambiti ristrettissimi. Nulla trapela
    sull’eventuale candidatura dell’arcivescovo di Buenos Aires.
      Lo spartiacque si colloca nella giornata di giovedì 7 marzo, a metà dello svolgimento delle congregazioni
    generali.  Alla  sessione  del  mattino  interviene  Bergoglio.  Parla  a  braccio,  lasciando  da  parte  gli  appunti
    preparati.  Evoca  una  «Chiesa  che  esce  da  se  stessa...  e  va  verso  le  periferie  non  solo  geografiche  ma
    esistenziali».  Molti  mali  delle  istituzioni  ecclesiali,  dice,  «trovano  la  loro  radice  nell’autoreferenzialità,  una
    specie  di  narcisismo  teologico».  Una  Chiesa  autoreferenziale  «si  ammala».  L’arcivescovo  di  Buenos  Aires
    presenta  all’assemblea  dei  porporati  due  modelli.  La  «Chiesa  evangelizzatrice,  che  esce  da  se  stessa...  e  la
    Chiesa mondana che vive in sé, di sé e per sé». Bergoglio accenna all’opportunità di «possibili cambiamenti e
    riforme da fare per la salvezza delle anime». Infine Bergoglio indica il profilo di un papa dinamico, che abbia
    un volto lieto, e il volto di una Chiesa «madre feconda della dolce e consolatrice allegria dell’evangelizzazione».
      Il discorso provoca una profonda impressione, il cardinale cubano Jaime Ortega chiede subito a Bergoglio gli
    appunti per poterli diffondere. A molti porporati piace il tratto dell’argentino: la sua umiltà e semplicità, il suo
    essere estraneo ai maneggi di curia e alle conventicole pre-conclave. L’ascesa di Bergoglio papabile comincia
    da lì. Due sere dopo, nell’appartamento del cardinale lombardo Attilio Nicora si ritrovano i cardinali italiani
    Francesco Coccopalmerio e Giuseppe Bertello, l’inglese Murphy-O’Connor, il francese Tauran, il tedesco
    Kasper.  È  lì  che  si  decide  di  lanciare  la  candidatura  di  Bergoglio  e  di  chiudere  il  cerchio  con  i  porporati
    statunitensi,  latino-americani  e  tedeschi  favorevoli.  L’inglese  O’Connor  è  in  contatto  con  i  confratelli
    anglofoni.
      Bergoglio  avverte  che  sul  suo  nome  inizia  ad  addensarsi  l’interesse  degli  elettori.  Domenica  10  marzo,
    passando di sera per piazza Navona, si imbatte in Tom Rosica, prete e direttore di «Salt and Light», tv cattolica
    canadese. «Preghi per me», esclama. «È nervoso?», chiede Rosica. «Un pochino... non so cosa i miei fratelli
                                     80
    cardinali mi stiano preparando» .
      Eppure alla prima votazione in conclave, martedì 12 marzo, Bergoglio prende appena una ventina di voti o
    persino meno (sedici, secondo altre fonti) al punto da spaventare il gruppo che lo candidava. «Rimanemmo
    delusi e ci venne paura che non ce la potesse fare», ricorda uno dei suoi sostenitori. Mercoledì mattina, però,
    in  conclave  le  candidature  di  Scola  e  Scherer  si  arenano.  Il  primo,  entrato  in  conclave  –  secondo  alcune
    indiscrezioni – con un pacchetto fra i venti e i trenta voti tra cui anche nord e sudamericani, non immagina
    quanto lo danneggino le frecciate degli avversari, che informano i cardinali venuti dall’estero sull’affarismo di
    Comunione e liberazione e la cinica alleanza di Cl con Berlusconi.
      Gli avversari del brasiliano Scherer spargono, invece, la voce che per un anno conserverà Bertone come
    segretario di Stato – bestia nera di molti porporati in curia e all’estero – e poi sceglierà come successore il
    cardinale  Mauro  Piacenza,  conservatore  di  ferro,  ambizioso  prefetto  della  congregazione  per  il  Clero.  (Le
    manovre  di  disinformazione  sono  tipiche  dei  conclavi.  Di  Bergoglio  si  dirà  alla  vigilia  che  gli  manca  un
    polmone, costringendo il cardinale Maradiaga ad andare di tavolo in tavolo alla residenza Santa Marta per dire
    che no: a Bergoglio hanno solo asportato la parte superiore del polmone destro).
   22   23   24   25   26   27   28   29   30   31   32