Page 30 - Francesco tra i lupi
P. 30
V. La fine della Chiesa imperiale
Pochi minuti decidono dell’immagine di un nuovo papa. Alla loggia, quando appare ai fedeli la prima volta,
Albino Luciani colpì per il sorriso smarrito e il saluto quasi infantile rivolto alla folla. Avrebbe voluto parlare,
ma il cerimoniere gli disse che non si usa. Joseph Ratzinger suscitò tenerezza per quel maglioncino nero che
spuntava dalle maniche bianche della tonaca papale. Giovanni Paolo II mostrò subito il suo charme seduttivo
con il celebre «se sbaglio mi corriggerete».
Bergoglio incuriosisce per il passo lievemente ondeggiante con cui si avvicina alla balaustra, rimanendo per
un attimo in silenzio, salutando discretamente quasi vedesse da lontano un gruppo di parenti e amici.
La sua gestualità è discorsiva, niente cade dall’alto. Le sue parole non si fermano alla presentazione di chi è
stato chiamato dai cardinali «quasi alla fine del mondo». Francesco delinea subito una prospettiva nuova.
«Incominciamo questo cammino: vescovo e popolo», esclama e lo ripete due volte. Sottolineando la
comunanza con i fedeli e la «fiducia tra noi». La Chiesa di Roma – scandisce – «presiede nella carità tutte le
82
Chiese» .
In pochi tratti è già indicato lo stile di una Chiesa comunitaria. Vescovo e popolo camminano insieme.
Roma non è un centro burocratico di potere, ma deve unire le comunità cattoliche del mondo in un vincolo
che, prima di essere giuridico, sia fondato sull’amore. Così affermava sant’Ignazio da Antiochia agli inizi del
cristianesimo. Vescovo di Roma è l’appellativo che Bergoglio ama maggiormente. Di sé la prima sera non
parla mai come pontefice. Dal balcone non pende il suo stemma sormontato dal triregno, simbolo regale, solo
un drappo rosso scuro su cui campeggia un rettangolo bianco.
L’idea del cammino Francesco la riprende all’indomani durante la messa celebrata nella cappella Sistina con
il collegio cardinalizio. Non parla seduto sul tronetto papale, tiene la predica in piedi come un parroco e la
centra su tre concetti: camminare, edificare, confessare Cristo. La vita è un cammino, dice, e se uno si ferma
«qualcosa non va». Camminare con la croce, perché se si annuncia Cristo senza croce la Chiesa resta una Ong.
E allora «non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo vescovi, preti, cardinali, papi, ma non
83
discepoli del Signore» . Mentre parla ai cardinali che lo hanno eletto, il papa prende continuamente fiato. Lo
tormenta una sciatica.
Lo stile di Bergoglio si manifesta sin dalle prime battute. Un parlare immediato, quasi popolaresco,
un’intensa spiritualità, l’idea di una Chiesa dinamica. Qualche porporato storce il naso confrontandolo al
periodare elevato di Benedetto XVI. Ma il parlare semplice e franco di Bergoglio nasce dalla volontà di
smuovere le acque. Francesco è un rompighiaccio, commenterà lo scrittore cattolico statunitense Michael
Novak. Per riformare bisogna rompere schemi fossilizzati. Francesco vuole una Chiesa in movimento, che
non si chiuda nel recinto per paura di incidenti. «Io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, e
84
non una Chiesa ammalata! Una Chiesa che abbia il coraggio di correre il rischio per uscire» , ripeterà più
volte nei mesi seguenti.
La sua divisa è la semplice tonaca bianca. Su questa scelta si appuntano le prime critiche nei suoi confronti.
Mentre dopo l’elezione si rivestiva degli abiti papali, avrebbe detto al maestro di cerimonie mons. Guido
Marini, rifiutando la mantellina rossa: «No grazie, questa la metta lei... il carnevale è finito!». La frase apocrifa
viene fatta circolare dai suoi detrattori. Difficile pensare che il pontefice gesuita usi un linguaggio così
scortese.
Il giorno dopo l’elezione i romani si accorgono che il papa non porta le classiche scarpe rosse, le Prada
porpora per le quali Ratzinger è stato tormentato dai media. Le sue sono nere, vecchie e sformate. Scarpe
ortopediche da parroco come le indossava a Buenos Aires, nella curia arcivescovile e nelle bidonville. Al polso
porta un orologio qualsiasi. La croce sul petto è di ferro. Alle dita non vuole oro. L’“anello del pescatore”, che