Page 31 - Francesco tra i lupi
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il cardinale Sodano gli regalerà a nome del sacro collegio, sarà solo d’argento.
      Ventiquattr’ore dopo essere stato eletto insiste per passare alla Casa internazionale del clero in via della Scrofa
    – la sua base romana prima del conclave – per farsi la valigia da portare in Vaticano e pagare personalmente il
    conto. La foto fa il giro del mondo. Il romano pontefice alla reception, vestito di bianco, mentre l’impiegato
    prepara la ricevuta. Lo stesso giorno, recandosi nella basilica di Santa Maria Maggiore, sale su una semplice
    auto della gendarmeria vaticana, rifiutando la macchina ufficiale targata SCV1. Quando il 14 novembre 2013 si
    recherà al Quirinale in visita ufficiale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si sposterà in una
    Ford Focus. Senza sirene spiegate, senza motociclisti, senza scorta d’onore di corazzieri a cavallo. Salendo
    sull’auto, alza la tonaca bianca e sotto spuntano i pantaloni neri.
      A Lampedusa, dove atterra nel luglio 2013 per incontrare i profughi d’Africa e pregare per i loro compagni
    morti in mare, Bergoglio usa una Fiat campagnola, messa a disposizione da un milanese residente sull’isola.
    Ad Assisi, dove arriverà nell’ottobre seguente, si sposta in una Panda blu. Quando un prete veronese gli regala
    una  Renault  4,  il  papa  accetta,  ma  la  trasferisce  nel  museo  delle  automobili  papali.  A  Lampedusa  avrebbe
    voluto andare con un volo di linea. Glielo hanno impedito per motivi di sicurezza. Però riesce ad imporsi per
    evitare codazzi di autorità: sull’isola niente ministri. Per pranzo, dopo la messa, mangia in piedi un panino e
    assaggia per cortesia una punta di cassata.
      Con il passare dei giorni il pontefice argentino non prende possesso dell’appartamento papale. Resta nella
    residenza Santa Marta, l’albergo vaticano dove stava durante il conclave. Sembra una soluzione provvisoria in
    attesa di attrezzare a suo gusto l’appartamento tradizionale dei papi. Per un po’ corre voce che si trasferisca al
    palazzo Laterano, antica sede dei vescovi di Roma. Ma è il concetto di palazzo che Francesco rifiuta. Dopo
    due mesi i monsignori devono arrendersi. Francesco vivrà a Santa Marta: uno shock per i conservatori, ma
    mugugnano anche alcuni suoi elettori. Si avvertono i primi sottili segnali di opposizione. Qualcuno lo accusa
    di rompere demagogicamente la tradizione, gettando una luce negativa sui suoi predecessori.
      Il papa preferisce vivere nella piccola suite alberghiera del 201, mangiare nella sala da pranzo comune, sedersi
    ad  un  tavolo  con  gli  altri,  lasciando  che  chiunque  possa  sedersi  con  lui.  «Così  è  più  difficile  avvelenarlo»,
    scherzano a Buenos Aires. «Sono visibile alla gente e faccio vita normale... messa pubblica al mattino, mangio
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    nella mensa con tutti... non sono isolato», scrive ad un prete argentino .
      Ogni  mattino  alle  10  Francesco  si  sposta  nel  palazzo  apostolico  per  gli  appuntamenti  di  lavoro,  ma  il
    pomeriggio rimane nel suo studio a Santa Marta. Lo si può incontrare in ascensore o mentre va a prendersi un
    caffè alla macchinetta, cercando in tasca gli spiccioli. Due preti, incontrandolo in ascensore i primi giorni, lo
    salutano balbettando, incerti se precipitarsi fuori o baciargli le mani.
      Stare  separato  dal  mondo  non  gli  fa  bene:  «Non  posso  vivere  da  solo...  non  posso...  per  motivi
    psichiatrici...», spiega scherzando. Uno che «vuole bene a se stesso», racconta ad una scolaresca di alunni dei
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    gesuiti, non ha l’ambizione di salire sul trono di Pietro. Per questo non ha «voluto fare il papa» .
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      Ai reporter, tornando dal Brasile, ripeterà: «Ho bisogno di gente, di trovare gente, di parlare con la gente» .
    Più politica è la spiegazione che dà al gesuita Antonio Spadaro: l’appartamento papale «è come un imbuto al
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    rovescio... l’ingresso è davvero stretto. Si entra col contagocce» . Nel linguaggio vaticano l’“Appartamento” è
    il termine allusivo utilizzato per indicare ordini provenienti dalle sfere supreme. Di colpo, con il permanere di
    Francesco  a  Santa  Marta,  sparisce  il  cerchio  magico  dei  guru,  che  in  ogni  pontificato  pretendono  di
    comunicare brandelli del pensiero papale vantando l’accesso reale o presunto all’appartamento apostolico. Con
    un papa che parla in modo scandalosamente diretto non c’è più spazio per alludere alla “Mente” (altro termine
    curiale per riferirsi agli altissimi desideri).
      Lo stile ostinatamente sobrio del papa scompagina le tradizioni. A volte arriva ad una cerimonia solenne
    come tutti gli altri vescovi, portando in mano la mitria nella sua guaina. Alla prima messa con i cardinali nella
    cappella  Sistina  indossa  ancora  la  vecchia  mitria  di  Buenos  Aires.  Se  durante  l’omelia  deve  inforcare  gli
    occhiali, cava la custodia faticosamente dalla tasca senza che un segretario glieli porga garbatamente, come
    avveniva con il predecessore. Imbarcandosi per Rio de Janeiro, tiene stretta sulla scaletta dell’aereo una cartella
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    nera. «Ho sempre fatto così... dentro c’è il rasoio, c’è il breviario, l’agenda, un libro da leggere...» .
      Chi in Vaticano vuole sminuire il nuovo corso, commenta che si tratta di «stile sudamericano». Non è così.
    L’America latina ha conosciuto vescovi e cardinali di tutti i tipi. Di grande povertà come Helder Câmara, che
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