Page 20 - Francesco tra i lupi
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all’apparire di un singolare documento su una cospirazione ai danni del pontefice, profetizza: «Penso che
[Benedetto XVI] si senta molto stanco... e di fronte alle tensioni che ci sono all’interno della curia, potrebbe
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pensare alle dimissioni e che di queste cose se ne occuperà il nuovo papa» .
Sul finire del 2012 Benedetto XVI completa la sua strategia. A ottobre fa iniziare i lavori di sistemazione del
convento “Mater Ecclesiae”, creato da Giovanni Paolo II per ospitare suore di clausura all’interno del
Vaticano. Sarà la sua residenza da emerito. Intanto una manina anonima rallenta la composizione
dell’annuario pontificio del 2013.
L’11 ottobre Benedetto XVI inaugura un Anno della fede, di cui sa già che non vedrà la conclusione. A
novembre crea sei nuovi cardinali, rigorosamente non italiani e non europei. I neo-porporati sono
l’americano James Harvey, prefetto della Casa pontificia, il latino-americano Rubén Salazar Gómez,
arcivescovo di Bogotá, l’africano John Onaiyekan, arcivescovo della capitale nigeriana, l’arabo Béchara Raï,
patriarca maronita nel Libano, l’indiano Baselios Thottunkal, arcivescovo maggiore siro-malankarese, e il
filippino Luis Tagle, arcivescovo di Manila.
La bufera di Vatileaks ha rafforzato Benedetto XVI nel suo disegno strategico. Le dimissioni toglieranno ogni
potere al clan di Bertone e alle diverse fazioni curiali. Il potere decisionale andrà nelle mani dell’unico corpo
elettorale democratico che la Chiesa cattolica possiede: il conclave. Al suo interno è largamente rappresentato
l’episcopato mondiale. Saranno i vescovi “di fuori” a scegliere l’uomo giusto e il programma più adeguato. La
rinuncia del pontefice regnante permetterà quella discussione aperta, libera, non condizionata dalla
monarchia papale, di cui la Chiesa sente un immenso bisogno.
L’11 febbraio 2013 è un lunedì. Nel palazzo apostolico i cardinali sono riuniti insieme al pontefice per il
concistoro sui martiri d’Otranto. Tutto è stato organizzato con precisione militare. Il decano del collegio
cardinalizio, Angelo Sodano, è stato preavvertito il venerdì precedente perché possa preparare un breve
discorso in risposta all’annuncio di Benedetto XVI. Sono al corrente il segretario di Stato Bertone e il
Sostituto mons. Giovanni Angelo Becciu. Sono allertati i terminali giornalistici della Santa Sede: il portavoce
papale Federico Lombardi e il direttore dell’«Osservatore Romano» Vian.
A un concistoro del genere partecipano abitualmente solo i cardinali presenti a Roma e quelli di passaggio.
Le convocazioni sono di routine. La riunione procede senza scosse. Solo alla fine, inforcando gli occhiali,
Benedetto XVI prende un foglietto e comincia a leggere in latino. «Adesso si dimette...», sussurra Sodano al
porporato che gli sta a fianco.
Seduto su un retorico trono papale, indossando la mozzetta rossa bordata di ermellino e la stola ricamata
d’oro, Ratzinger legge pallido la sua abdicazione. A voce bassa, smozzicata, con tono monotono, quasi
scolastico, a tratti impercettibile. Accanto a lui il maestro di cerimonie Guido Marini ha gli occhi fissi nel
vuoto, un po’ più in là un prelato di servizio volge sguardi perplessi al pontefice.
L’impensabile va in onda. In piena coscienza davanti a Dio, legge rapidamente Benedetto XVI, «sono
pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo
adeguato il ministero petrino». La missione del pontefice, spiega il papa, è di natura essenzialmente spirituale
e «tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita
della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del
corpo sia dell’animo». Vigore che è venuto fortemente a mancare al punto di «dover riconoscere la mia
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incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato» . Nella sala del Concistoro i cardinali in porpora
stanno seduti impietriti sui loro seggi, allineati lungo le pareti ricoperte di arazzi. Nel mormorio afono di
Ratzinger colgono le parole «gravità di questo atto... in piena libertà... rinunciare». Dalle ore 20 del 28
febbraio il pontefice cesserà il suo regno, la sede di Pietro sarà vacante.
Nell’ora dell’abdicazione Ratzinger compie il gesto più importante del suo pontificato. L’atto per cui passerà
alla storia. Un gesto nobile, umile, coraggioso. E rivoluzionario. Benedetto XVI porta a compimento la
riforma iniziata da Paolo VI, che per ringiovanire la gerarchia ecclesiastica ha dichiarato dimissionari i vescovi
a settantacinque anni e ha escluso dal conclave i cardinali ultraottantenni. Benedetto XVI demitologizza la
carica papale, archivia l’icona sovrannaturale del pontefice monarca eterno – finché morte non sopraggiunga –
infallibile, perché circondato da una corte pronta a giurare che non sbaglia mai. Il papa tedesco enuncia al
contrario la necessità che la guida della Chiesa spetti ad un pastore, che non perda il rapporto con le rapide