Page 11 - Francesco tra i lupi
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scrutinio serve da termometro per misurare le forze in campo.
      Questo è il conclave degli indecisi. Saranno loro a far pendere la bilancia a favore del vincente. A differenza
    del 2005, dopo la morte di Giovanni Paolo II, non c’è un candidato che emerga nettamente sugli altri. Come
    era Joseph Ratzinger: grande teologo, stretto collaboratore di papa Wojtyla, uomo di pensiero in grado di
    interloquire con la cultura contemporanea.
      Mentre i cardinali votavano, due giovani donne militanti del movimento di protesta “Femen” si scatenavano
    in piazza San Pietro. Sul torso nudo di una era scritto a grandi caratteri «Mai più pedofilia». Così è passata la
    prima giornata.
      Mercoledì mattina, seconda giornata di conclave, il comignolo sputa alle 11,40 un denso fumo nero, segno
    che anche il secondo e il terzo scrutinio non hanno portato a un risultato. Centoquindici sono gli elettori,
    settantasette voti – i due terzi – servono per essere eletti. Molti pensano che ci vorranno tre giorni per trovare
    un accordo sul dopo-Ratzinger, qualcosa come le otto votazioni che servirono per portare al trono pontificio
    Karol Wojtyla. Ma il portavoce papale Federico Lombardi rilascia una dichiarazione sibillina: «Magari nelle
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    prossime ore avremo l’elezione del successore» .
      Passa lento il pomeriggio. La pausa del pranzo nella residenza Santa Marta è il momento in cui si svolgono i
    contatti  discreti  tra  i  cardinali  elettori.  Gli  inviti  appena  accennati  a  desistere  da  una  candidatura,  i
    suggerimenti allusivi a far convergere i voti su un papabile, i calcoli veloci sull’opportunità di mantenere un
    pacchetto di suffragi su un nome di “parcheggio”, la richiesta in extremis di informazioni su un confratello.
    Un conclave è sempre mescolanza impalpabile di spiritualità, strategia, afflato religioso e capacità manovriera.
    Ci sono i king maker, i creatori di papi, e poi i grandi consiglieri capaci di incanalare voti.
      Di quell’intervallo il cardinale Bagnasco rammenta un clima molto disteso. «Non avvertivo intorno a me
    l’urgenza di arrivare subito al risultato». Eppure, durante il pranzo, c’è stato un movimento sotterraneo per
    spostare voti. Alcuni porporati, finito il pasto, hanno la sensazione che si profili un’accelerazione. Forse è il
    fiuto di chi conosce i venti di curia. Il cardinale Antonio Maria Vegliò, fino a poche ore prima scettico sulle
    probabilità di un esito rapido, improvvisamente è sicuro che il risultato sia vicino: «Nel conclave mi sentivo
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    come una penna in mano del buon Dio» .
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      Tra la seconda e la terza votazione Bergoglio si colloca in testa, superando i cinquanta suffragi . Addirittura la
    sera prima il suo connazionale cardinale Leonardo Sandri, suo antico compagno di seminario a Buenos Aires
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    e ora prefetto della congregazione per le Chiese orientali, gli ha fatto coraggio: «Preparati, caro mio» . Seduto
    in  mezzo  agli  altri  commensali  Bergoglio  prova  un  altalenare  di  emozioni.  Una  grande,  inspiegabile  pace
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    insieme a un «buio totale, un’oscurità profonda su tutto il resto» .
      Sul sagrato della basilica vaticana il pomeriggio passa lento. Verso le sei cresce il nervosismo. La folla in piazza
    capisce che anche al quarto scrutinio non si è raggiunto un accordo. Una parte dei cardinali, all’inizio della
    giornata,  non  aveva  ancora  le  idee  chiare.  Il  cardinale  Donald  Wuerl  di  Washington  aveva  previsto:  «Il
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    conclave non sarà breve... non c’è ancora una scelta chiara sui candidati» .
      A partire dalle sei e mezza la folla diventa sempre più inquieta. Ogni minuto che passa appare più probabile
    un esito positivo. Sotto il cielo livido un faro illumina il comignolo della Sistina. Ed ecco, alle 19,06, esce
    prima una folata grigiastra, poi sempre più bianca fino a diventare bianchissima. L’urlo della folla arriva fino ai
    tetti.  Poi  segue  un  silenzio  innaturale.  Tutti  attendono  il  nome  dell’eletto.  E  rimonta  la  tensione,  perché
    passano i quarti d’ora e non succede nulla.
      È un tempo lungo, lunghissimo. Decine di migliaia di fedeli e curiosi, stipati sotto gli ombrelli, fissano la
    loggia  della  basilica  aspettando  che  si  aprano  i  tendaggi  per  l’annuncio  del  nuovo  pontefice.  Corrono  i
    pronostici.  Il  conclave  –  contrariamente  alle  previsioni  –  è  stato  molto  breve,  praticamente  un’elezione-
    lampo. Tra gli osservatori si diffonde la domanda se la rapidità della scelta non indichi il nome di Scola.
      L’arcivescovo di Milano, già patriarca di Venezia, è entrato in conclave sotto la spinta di una forte macchina
    propagandistica. Gli hanno accreditato fra i trentacinque e i quaranta suffragi di partenza. È un pastore, un
    organizzatore, un intellettuale in dialogo con gli ortodossi e il mondo islamico tramite la rivista «Oasis», da lui
    fondata. È stato rettore della Pontificia Università Lateranense. È indicato come esponente convinto della
    visione  di  Chiesa  e  di  mondo  propugnata  da  Benedetto  XVI.  Con  Ratzinger  ha  fatto  parte  della  rivista
    «Communio»,  nata  per  contrastare  il  riformismo  avanzato  dei  teologi  del  Vaticano  II  riuniti  intorno  al
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