Page 19 - Manuale di autostima
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lavoro (e nella vita in generale), come dicevamo nel paragrafo precedente, dipende
direttamente da delle nostre azioni, quindi non è controllabile. Se l’azienda dove lavoro
chiude per motivi economici ed io, che sono un dipendente, rimango a casa, ho modo di
controllarlo? Se mi sono laureato ma in questo momento non c’è possibilità di trovare il
lavoro per cui ho studiato e ripiego su un altro, ho una colpa?
Il secondo punto critico è che spostiamo l’attenzione da quello che siamo a quello che
facciamo, e valutiamo (o svalutiamo) noi stessi per qualcosa che non è noi stessi. Facciamo
finta di andare a vedere un film insieme, io e te. Non un film qualunque, un capolavoro, il
film più bello che tu abbia mai visto. Pensa al tuo film preferito, ed immagina di andare a
vederlo per la prima volta. Nei cinema della tua città, però, i biglietti sono finiti. Non
possiamo andare in un multisala, e neanche in un cinema del centro. Alla fine, troviamo due
posti in un cinema in periferia, un luogo piuttosto vecchio. L’audio è pessimo, in sala c’è
odore di fumo e l’imbottitura delle poltrone è rovinata. Tutto questo toglie qualcosa al film?
Gli attori sono meno bravi? La trama è meno avvincente, secondo te? Molto probabilmente no,
perché il contesto esterno non dice nulla sul film, non cambia il fatto che sia una gran bella
storia. Ma per noi stessi è molto più difficile. Un lavoro che riteniamo poco importante ai
nostri occhi cambia il nostro valore.
All’università ho fatto diversi lavoretti, e per un periodo, circa tre mesi, ho lavorato al bar di
un cinema (ecco perché ancora adesso i cinema mi piacciono così tanto!). Ovviamente, non
era il lavoro della mia vita, era solo un modo per guadagnare qualcosa. Non ero la sola, anzi,
più della metà dei dipendenti, tra bar, biglietteria e sala proiezioni, erano studenti che
arrotondavano, anche perché si lavorava soprattutto la sera e la notte, quindi la mattina e il
pomeriggio potevamo frequentare le lezioni. C’era un ragazzo, Marco, che studiava, se non
sbaglio, giurisprudenza, quindi il suo desiderio non doveva essere quello di lavorare per
sempre in un bar. Ciò nonostante, sembrava che, quando lavorava, non ci fosse per lui nulla di
più importante. Se dovevamo preparare due caffè e un cappuccino, lui non azionava mai la
macchina con superficialità, con la testa altrove. Era presente a sé stesso in quello che
faceva e in come lo faceva. Non lasciava che il tempo gli scorresse tra le dita come
l’acqua di una fontana solo perché pensava a quanto avrebbe voluto fare l’avvocato o perché
sapeva che nel giro di due settimane sarebbe scaduto il contratto. E questo gli faceva
apprezzare il suo lavoro e sé stesso.
Sul lavoro spesso mettiamo quello che facciamo davanti a come lo facciamo. Pensiamo che
ad essere dei cardiologi mediocri, il nostro valore aumenterebbe rispetto ad essere dei bravi
pizzaioli, o a dei pizzaioli non straordinari, ma che sono presenti nel loro lavoro. Ci
concentriamo sui risultati che otteniamo, o che dovremmo ottenere, piuttosto che sul
processo per ottenerlo. Riteniamo di poter essere soddisfatti di noi stessi solo quando
abbiamo ottenuto lo scopo e (questo è un “e” molto importante) gli altri lo hanno riconosciuto.
Non so quale sia il tuo lavoro. Forse non lavori in questo momento, e ti occupi della casa, dei
figli, dei genitori anziani. La tua situazione la conosci solo tu. Ma prova a fare una cosa,
domani. Non ti costa davvero nulla, promesso, e puoi smettere quando vuoi, non c'è nessuno
che ti controllerà. Datti il permesso, domani, di divertirti e di essere felice in quello che fai.
Anche se non è il lavoro che speravi. Anche se pensi che il tuo sia un compito poco