Page 21 - Manuale di autostima
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1.4. Autostima e accettazione


      L’accettazione ci parla della considerazione, dell’affetto, della sensazione di essere apprezzati
      e  riconosciuti  da  parte  delle  persone  che  ci  circondano.  E  a  sentirci  felici  perché  siamo
      accettati.

      Come esseri umani, siamo portati a non fidarci di un'unica opinione. Prova ad immaginare
      la scena. Sei al mercato o, se preferisci, al negozio del fruttivendolo, e devi comprare delle
      pesche. O forse devi comprare delle mele, o degli asparagi, insomma, controlla la tua lista
      della spesa e decidi cosa vuoi comperare. Sei davanti al fruttivendolo e, al tuo fianco, c'è una
      signora di una certa età, e senti, dentro di te, che è la classica persona che sa tutto di tutti.

      Chiedi  le  tue  pesche  e  fai  la  fatidica  domanda:  “sono  buone?  Perché  devo  fare  una
      macedonia/guarnire una torta/accompagnare l'arrosto”. Risposta del fruttivendolo: “ah, sono
      buonissime, guardi, non lo dico tanto per dire, ma le ho prese addirittura io perché quando
      stamattina  me  le  hanno  portate  avevano  un  profumo  talmente  buono  che  non  ho  resistito.
      Davvero, se la merce non è buona, non ve la darei mai”. Stai per commentare che non hai
      dubbi, che ti sei sempre fidato delle sue pesche, ma la signora al tuo fianco sbotta: “scherza?
      L'altro ieri ho preso proprio qui delle ciliegie, metà erano completamente acerbe e l'altra metà

      talmente  tanto  mature  che  non  ci  si  poteva  fare  neanche  la  marmellata”.  Domanda  da  un
      milione: di chi ti fidi? Chi è che sta dando il parere corretto? Chi dà alle pesche il giusto
      valore? Probabilmente nessuno dei due. Il fruttivendolo vuole vendere e la gentile signora al
      tuo fianco vuole spettegolare, tutto qui. Ma è molto più probabile che tu e io daremmo retta
      alla signora, per due ragioni principali. La prima è che i giudizi negativi alle nostre orecchie

      risultano  molto  più  credibili  che  i  giudizi  positivi.  Non  è  colpa  nostra,  di  questo  te  lo
      assicuro. Lo facciamo in buona fede, ma gli psicologi suggeriscono che, dal punto di vista
      umano,  un  giudizio  negativo  generalmente  appare  come  meglio  ponderato  e  più  sincero
      rispetto ad un giudizio positivo, soprattutto perché un giudizio positivo sembra fatto solo per
      assicurarsi l'appoggio e la stima dell'ascoltatore. Inoltre, siamo più portati a dare credito ai
      giudizi di valore fatti da persone che non sono direttamente coinvolte nell'oggetto, nell'evento

      o  nella  persona  che  stanno  giudicando,  come  la  nostra  amica  incontrata  poco  fa  dal
      fruttivendolo.
      Se tutto questo succedesse solo per le decisioni sulle pesche e sulle ciliegie, il problema non
      sarebbe  poi  così  grave.  No,  il  punto  è  che  ci  affidiamo  al  giudizio  altrui  su  noi  stessi,
      proprio perché ci sembra più credibile e vero di qualunque altro giudizio potremmo dare

      noi, o chi ci sta più vicino e ci ama.
      Non voglio rovinarti la sorpresa ma, se hai dato un'occhiata all'indice, lo saprai già, quindi
      non sarà un grande danno se ora ti svelo che, nei prossimi capitoli, ci occuperemo anche della
      nascita dell'autostima. Di come si forma la tua capacità di amarti, di valutarti non per quello
      che dovresti o vorresti essere, ma perché sei. Ma, se ti è capitato di leggere altri testi che si
      occupano di autostima, saprai che gli psicologi sono tutti d'accordo: l'autostima, positiva o

      negativa, nasce nel rapporto di un bimbo con la propria madre o, nel caso la mamma non ci
      sia, con la persona che si occupa direttamente di lui, o di lei. Quindi, l'autostima nasce, si
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