Page 174 - Come vivere più a lungo
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gani  non erano più identificabili»,  espressione nella  quale si può facilmente

          riconoscere la descrizione, fatta da un anatomopatologo del Diciottesimo seco-
          lo, di un'infiltrazione  neoplastica. Nel cancro umano  avanzato i sintomi  pre-
          mortali consistenti in anemia, cachessia, stanchezza estrema, emorragie, ulcera-
          zioni, vulnerabilità alle infezioni  e livelli  anormalmente bassi di ascorbato nei
          tessuti, nel plasma e nei leucociti, e alla fine collasso delle surrenali,  sono pra-

          ticamente identici ai sintomi premortali dello scorbuto umano avanzato.

              L'epidemiologia  ha accertato che l'incidenza  di cancro in vasti gruppi de-
          mografici è inversamente proporzionale all'assunzione quotidiana di ascorbato.
          Tra  le  numerose ricerche pubblicate, convergenti  tutte essenzialmente  verso
          una stessa conclusione, citerò quella  del ricercatore norvegese Bjelke, che nel

          1973 e nel 1974 ha pubblicato i resoconti della sua ampia indagine  sul cancro
          gastrointestinale, effettuata sorvegliando  per posta la dieta dei pazienti e con-
          trollando direttamente un certo numero di casi.

              Il suo lavoro coinvolse più di trentamila persone negli Stati Uniti e in Nor-

          vegia, delle quali vennero accertati sia il consumo di determinaci alimenti sia le
          abitudini relative al fumo, insieme con altri fattori. Bjelke riscontrò una corre-
          lazione  negativa  tra consumo di frutta, frutti di bosco, ortaggi e vitamina  C e
          l'incidenza del cancro gastrico, mentre i farinacei, il caffè e il pesce sotto sale

          mostrarono una correlazione positiva. Egli concluse che i fattori più importanti
          erano la quantità totale  di ortaggi e di vitamina  C ingeriti.  Maggiore  era tale
          quantità, minore era l'incidenza del cancro.

              Nel 1973, mi recai al National Cancer Institute per mostrare a una decina di
          specialisti  i casi clinici dei primi  quaranta pazienti affetti da cancro in stadio

          avanzato, ricoverati al Vale of Leven Hospital di Loch Lomondside, in Scozia,
          e trattati con 10 g. di vitamina  C al giorno dal dottor Ewan Cameron; il mio
          obiettivo  era di chiedere a questi specialisti  di effettuare un esperimento con-
          trollato con la vitamina  C. Essi non diedero grande importanza  ai dati da me

          mostrati né alla  possibilità  di acquisire un certo controllo  sul cancro usando
          grandi dosi di questa vitamina  in associazione  all'appropriata terapia conven-
          zionale. Mia moglie, che mi aveva accompagnato, disse in seguito che non ave-

          va mai visto un gruppo di ricercatori medici meno interessato alle nuove idee.
              Essi mi dissero che il National Cancer Institute non avrebbe fatto uso della

          vitamina C fino a quando non fossero state fatte delle ricerche su animali.  Essi,
          tuttavia, mi suggerirono di fare una domanda al National Cancer Institute  per
          ottenere un sostegno economico per il nostro Istituto in California, allo scopo

          di effettuare tale ricerca. Feci immediatamente a tale Istituto  una  domanda di
          finanziamento per la ricerca sulla  vitamina  C in relazione al cancro, in topi e
          porcellini  d'India.  La domanda  fu valutata  come scientificamente  valida  dai
          consulenti dell'Istituto, ma fu respinta. Le mie sette domande successive  sorti-
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