Page 165 - Come vivere più a lungo
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scientifica  che provi che la vitamina  E è di aiuto in alcuna delle malattie  del

          lungo elenco riportato a pagina 62».
              Poi scriveva che l'unico uso terapeutico della vitamina  E, accertato median-

          te prove cliniche ben controllate, è il trattamento dell'anemia  emolitica in alcu-
          ni   bambini   prematuri,   e   che   alcuni   medici   la   prescrivono   come   misura
          preventiva per alcune malattie  relativamente rare, in cui vi è assorbimento di

          grassi.
              L'articolo concludeva: «Altrimenti, l'uso della vitamina E come supplemen-

          to dietetico o come medicamento per le comuni affezioni è, nella migliore delle
          ipotesi, uno spreco di soldi. Ma, cosa assai più grave, può indurre a rimandare
          un trattamento medico più adeguato, a favore di un'autoterapia priva di effica-

          cia. E il costo di tutto ciò può essere inestimabile».
              Viene detto che tali conclusioni si basano sulla pubblicazione di vari esperi-

          menti effettuati da medici, e l'articolo ne riporta la bibliografia. Ho esaminato
          con attenzione ciascuna delle pubblicazioni indicate, e ho trovato che non giu-
          stificano la conclusione a cui è giunto Consumer Reports. La mia conclusione

          è che  l'autore di quell'articolo  mancava  della  capacità di valutare in modo
          appropriato i dati riferiti dalle pubblicazioni citate.

              Consumer Reports aveva elencato varie  ricerche su vitamina  E e disturbi
          coronarici effettuate intorno al 1949, dicendo che tutte avevano dato risultati
          negativi e che contraddicevano quanto gli Shute avevano affermato. Io, invece,

          arrivai a concludere che quelle ricerche erano tutte inattendibili  perché in esse
          si adottavano quantità troppo piccole della vitamina, oppure venivano adottate
          per un periodo troppo breve, o per qualche altra ragione ancora. Per esempio,
          la ricerca che viene descritta come «forse la più complessa» è quella svolta da

          Donegan, Messer, Orgain e Ruffin,  della Duke University School of Medicine
          (American Journal of the Medical Sciences 217 [1949]:294). Essa riguardava
          ventun pazienti con malattie  cardiovascolari, che furono seguiti per un tempo
          che andava dai cinque ai venti mesi. A mesi alterni,  ogni paziente riceveva vi-

          tamina  E (da 150 a 600 UI al giorno) o un placebo. I pazienti  venivano  visti
          una volta al mese. Si constatò un'esigua  differenza  nelle loro condizioni dopo
          un mese di vitamina  E e dopo un mese di placebo.

              Tuttavia è ben noto che occorre assumere la vitamina E per due o tre mesi
          perché essa cominci a operare. Essa viene immagazzinata nei grassi, e l'esauri-

          mento della scorta dell'organismo avviene  molto lentamente; pertanto, il siste-
          ma dei mesi alterni non poteva permettere ai pazienti di modificare in modo si-
          gnificativo  la quantità di vitamina  E immagazzinata. La ricerca, come le altre,
          non costituisce affatto una confutazione delle affermazioni fatte dagli Shute.


              Il dottor Alton Ochsner, grande cardiochirurgo morto nel 1981, ha pubbli-
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