Page 72 - Prodotto interno mafia
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’ndrangheta, una faglia che si è aperta in un sistema perfetto fatto
di norme, gerarchie, ruoli e silenzio assoluto.
Omicidi, stragi, violenza sono banditi dall’organizzazione. La
regola è che nelle città italiane e straniere dove è presente la
’ndrangheta sono vietati morti per strada, vetrine bruciate, spari
alle serrande o alle macchine: l’opinione pubblica non deve
percepire la sua presenza. In questo senso Duisburg è stato un
autogol: ha portato sotto i riflettori le attività criminali
dell’organizzazione in Germania. Infatti il «Crimine» è subito
corso ai ripari: dopo un mese e mezzo ha riunito le fazioni
nemiche e ha imposto la pace.
Gli accadimenti di quella notte hanno tuttavia dimostrato a chi
ancora aveva dubbi che la ’ndrangheta è radicata con forza
all’estero.
Gli ultimi anni hanno registrato importanti metamorfosi del
fenomeno criminale. Spesso le azioni di contrasto stentano a
stare dietro ai mutamenti delle mafie. In Calabria la lotta com’è
cambiata?
Il punto di svolta nella lotta alla ’ndrangheta arriva nel 1996
con l’introduzione delle microspie e la possibilità di fare
intercettazioni ambientali durante le indagini: questo ha
rivoluzionato la tecnica d’investigazione a disposizione delle
procure. Prima del 1996 la polizia giudiziaria andava in giro a
rastrellare notizie, doveva curare il rapporto con gli informatori e
affidarsi spesso e volentieri agli «spioni».
Dicevamo prima che il pentitismo è un fenomeno marginale
nella ’ndrangheta. Negli anni del boom dei pentiti – dal 2000 al
2005 – noi abbiamo avuto circa sessanta collaboratori di
giustizia. Ma solo due capilocali si sono pentiti in Calabria:
Franco Pino e Filippo Barreca.
Prima della legge sulle intercettazioni bisognava fare
affidamento sulle fonti confidenziali spesso mediate dal
carabiniere o dal funzionario di turno che ne garantivano
l’attendibilità. Il lavoro d’indagine consisteva nel trovare
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