Page 28 - Prodotto interno mafia
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emergono nel corso delle indagini contro la persona, possono
oggi essere utilizzati dagli stessi magistrati distrettuali per
l’applicazione delle misure patrimoniali. Prima della riforma la
competenza era esclusivamente delle procure ordinarie.
È sorprendente che le norme e i provvedimenti piú efficaci per
il contrasto alla criminalità organizzata siano arrivati nella
legislazione italiana solo recentemente.
Questi provvedimenti sono nella mia testa da quando lavoravo
con il giudice Giovanni Falcone al ministero della Giustizia.
Cominciammo nel 1991 a «ristrutturare» la legislazione
antimafia attraverso la creazione delle Direzioni distrettuali
antimafia e della Procura nazionale antimafia. Il progetto fu
accolto male da molti magistrati che vedevano nella
«Superprocura» una possibile arma nelle mani dell’esecutivo:
sessanta giudici scrissero una lettera contro Falcone per
impedirne l’attuazione. Riuscimmo nell’impresa grazie alla
determinazione del ministro della Giustizia Claudio Martelli che
fece passare la norma con un decreto legge e con il voto di
fiducia.
Quando la legge era già in aula per essere votata, io e Falcone
ci rendemmo conto che tra le competenze delle direzioni
distrettuali antimafia non erano state inserite le misure di
prevenzione . Allora ci precipitammo da Martelli per chiedere un
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emendamento, ma il ministro respinse la nostra richiesta
dicendo: «Se inseriamo anche un solo emendamento ne
arriveranno migliaia e finiranno con il bloccare tutto.» E
concluse con aria risoluta: «Approviamola e tra un anno
facciamo una legge di modifica per integrarla». La legge fu
approvata. Erano i primi mesi del 1991, sembrava l’inizio di una
nuova fase per la lotta alla mafia. E invece Martelli lasciò il
ministero, arrivarono le stragi, gli omicidi di Falcone e
Borsellino, Tangentopoli. Abbiamo avuto bisogno di dieci anni
per poter riprendere in mano il progetto.
Il mio obiettivo è realizzare entro la fine del mandato, che
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