Page 25 - Prodotto interno mafia
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sotterranei  dell’edificio,  dove  ci  sarebbero  (Grasso  non  ha

               verificato di persona) stanze segrete che conducono al Tevere e
               che venivano utilizzate per trasportare i condannati destinati alle

               acque del fiume.
                   Come se le «segrete» non bastassero, il procuratore narra che,

               tra  le  stanze  del  palazzo,  di  notte  si  aggira  il  fantasma  della
               moglie di un carcerato. Naturalmente non l’ha mai visto, sorride
               e allarga le braccia: è abituato alle storie assurde.

                   Pietro  Grasso  è  stato  pretore  a  Barrafranca,  in  provincia  di
               Enna,  titolare  dell’inchiesta  sull’omicidio  del  presidente  della

               regione Sicilia Piersanti Mattarella, assassinato da Cosa nostra il
               6 gennaio 1980, giudice a latere nel primo maxiprocesso a Cosa

               nostra  del  1986,  consigliere  alla  Direzione  degli  affari  penali,
               coordinatore  delle  inchieste  sulle  stragi  di  mafia  del  biennio

               ’92-’93, e procuratore a Palermo.
                   Come  tutti  gli  uomini  che  si  trovano  a  svolgere  un  ruolo
               istituzionale  sul  delicato  confine  tra  verità  e  legge,  Grasso  ha

               dovuto affrontare sospetti, critiche e menzogne. I suoi nemici lo
               accusano di usare il metodo della «carota e del bastone» con i

               potenti.  E  in  tanti  non  gli  perdonano  ancora  la  nomina  alla
               Procura  nazionale  antimafia  al  posto  del  giudice  Giancarlo
               Caselli, che fu escluso «per superati limiti di età» a causa di una

               norma  subentrata  all’ultimo  momento  e  conosciuta  come
               «emendamento  Bobbio» .  Grasso  lo  sostituí  ricevendo  anche  i
                                                  1
               voti della maggioranza di centrodestra.
                   Che  l’argomento  sia  Caselli,  il  «pizzino»  di  Bernardo

               Provenzano  destinato  a  Berlusconi  non  registrato  dalla  «sua»
               procura  palermitana,  le  intercettazioni  di  Ciancimino  mai

               trascritte,  Grasso  ripete  come  un  mantra  un’unica  frase:  –
               L’importante è andare avanti con la barra dritta verso la meta –.
               Il  suo  obiettivo  dichiarato  è  portare  a  compimento  l’idea  di

               «Superprocura» sognata con Giovanni Falcone venti anni fa per
               lasciare  al  prossimo  procuratore  nazionale  antimafia  una

               «cassetta degli attrezzi» contro la criminalità organizzata.
                   Il procuratore sa che, tra i contrasti con una politica invadente





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