Page 86 - Potere criminale
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I processi ai politici














           Gaetano Savatteri Il 1993 si apre con l’arresto di Totò Riina proprio nel giorno in cui si insedia a capo della
          Procura di Palermo un magistrato valente come Gian Carlo Caselli. La sua gestione sarà segnata da alcuni
          processi a uomini politici accusati di associazione mafiosa: il più celebre e discusso è contro Giulio Andreotti. Viene
           definito il processo del secolo. La carriera dell’uomo politico più longevo e famoso d’Italia, per sette volte presidente

           del Consiglio, viene riletta sotto il profilo criminale. L’atto di rinvio a giudizio sarà pubblicato in volume, con il
           titolo «La vera storia d’Italia». Una storia raccontata sul versante dei rapporti tra la mafia e Andreotti.

           Salvatore  Lupo  Il  titolo  del  libro  è  veramente  fuorviante:  non  si  capisce  perché  questa  dovrebbe
          essere  la  vera  storia  d’Italia.  Certo,  coinvolgendo  Andreotti  l’accusa  chiama  a  rispondere  di
           complicità  con  la  mafia  un  pezzo  importantissimo  della  classe  dirigente  italiana.  Resta  da  capire
           quale sia il gioco delle parti tra questi due soggetti. È stato scritto nell’atto di accusa che Andreotti,
           baciando Riina, avrebbe riconosciuto la superiorità dell’Antistato mafioso sullo Stato. Andreotti è

           un cinico, potrebbe anche aver baciato chiunque, ma senza garantire niente a nessuno... Insomma,
           io non penso che Andreotti si sia subordinato a Cosa Nostra. Penso casomai che Cosa Nostra abbia
          fatto parte, in una qualche posizione da definire, dell’andreottismo.

          S. Vuoi dire che i magistrati hanno sbagliato a processare Andreotti?

          L.  No  di  certo.  Avevano  degli  indizi  validi  e  hanno  fatto  bene  a  procedere.  Le  esasperazioni

           interpretative di cui ho parlato non inficiano di per sé l’accusa.

           S. D’altra parte, la sentenza definitiva riconosce i rapporti intercorsi tra Andreotti e gli uomini d’onore fino al
           1980, ritenendo però prescritto il reato, perché relativo a un periodo in cui non esisteva ancora la fattispecie penale
          dell’associazione mafiosa. I giudici assolvono invece il senatore a vita dall’accusa di associazione mafiosa per i suoi
           presunti rapporti con Cosa Nostra dal 1980 in poi...

           L. Guarda, io rispetto le sentenze, ma non ritengo che ogni ragionamento debba fermarsi davanti a
           esse, né quando condannano né quando assolvono. Il problema centrale è infatti storico-politico,

          non  giudiziario:  Andreotti  si  è  appoggiato  su  uomini  politici  siciliani  che  a  loro  volta  si
          appoggiavano  su  Cosa  Nostra.  Ogni  studioso  può  ragionare  su  questo  fatto  indubitabile,  ogni
          cittadino può trarne un suo giudizio.

          S. L’indagine prese avvio da una dichiarazione di Buscetta. Ancora una volta don Masino è la chiave di tutto...

          L.  Buscetta  racconta  quanto  gli  ha  raccontato  Badalamenti  e,  come  spesso  fa,  interpreta  le  voci
           interne di Cosa Nostra. Entro questi limiti, la sua testimonianza probabilmente è sincera. Il punto è

           un altro: i fatti dimostrano che i capi di Cosa Nostra non solo parlano, ma si comportano come  se
           potessero influenzare Andreotti e si aspettassero da lui delle risposte. Direttamente? Attraverso Lima?
           Attraverso qualche altro canale? Non importa. Stefano Bontate, che non è un imbecille, si aspetta da
          Andreotti un appoggio: bisogna capire il perché.

          S. Andreotti ha sempre negato di avere conosciuto uomini di Cosa Nostra. Ha perfino sostenuto di non conoscere i


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