Page 90 - Potere criminale
P. 90
L’antidoto contro la mafia
Gaetano Savatteri La nostra conversazione mi pare abbia voluto distinguere tra due diverse questioni, sia pur
strettamente connesse: il tentativo di definire esattamente le caratteristiche della mafia e la necessità di riesaminare
il secolare dibattito sulla mafia. Partirei dal primo punto, sapendo che corro il rischio di apparire generico: cos’è la
mafia? Proviamo a dare una definizione sintetica e riassuntiva?
Salvatore Lupo La mafia è formata da – ovvero è collegata a – un insieme di gruppi informali, segreti
e illegali, che collaborano o anche confliggono tra loro per la gestione di aree economiche, politiche
e sociali «periferiche» nelle quali si è rivelata difficile l’affermazione del carattere astratto e generale
della legge. La regolamentazione mafiosa è basata essenzialmente sulla capacità intimidatrice attuale o
potenziale, insomma sulla violenza, ma anche su un consenso vero o presunto. La mafia si propone
come un ordinamento prestatale o non statale, una sorta di perfezionamento «moderno» di modelli
giuridici antichi in qualche modo ricollegabili a quello della faida. Non raramente accade che
l’autorità pubblica deleghi (forzatamente? volontariamente?) una parte delle proprie funzioni ai
gruppi mafiosi, aspettandosi che essi garantiscano sul territorio una parvenza o caricatura di ordine;
dei cui servizi peraltro si valgono imprenditori, politici, vari gruppi o aree della società.
S. Attorno alla mafia insomma si muove un mondo di interessi economici, politici e sociali. Sono quelle contiguità
o zone grigie che l’azione giudiziaria tenta di colpire attraverso la fattispecie del concorso esterno in associazione
mafiosa. Una nuova scuola di studiosi parla di network mafiosi.
L. Il concetto non è certo nuovo: la network analysis fa parte da molti anni dell’attrezzatura delle
scienze sociali. Però è vero che alcuni studiosi – penso ad esempio al sociologo Rocco Sciarrone –
sono tornati di recente a riflettere sulla natura dei legami («forti» o «deboli») che tengono insieme
persone e interessi variamente coinvolti nei misfatti della mafia. L’immagine della piovra con una
testa e cento tentacoli, della cattedrale sormontata da un’unica cupola – dell’unica struttura di tipo
piramidale, insomma – non solo non è applicabile a tutte le manifestazioni o fasi storiche della mafia,
ma forse non si attaglia a nessuna di esse. Parliamo di gruppi che si intrecciano e si sovrappongono,
raggruppabili in tre tipi base. Primo: clan parentali che utilizzano la particolare compattezza
dell’istituzione per la competizione violenta e per mantenere meglio la segretezza di fronte agli
avversari e all’autorità. Secondo: organizzazioni di modello pseudomassonico, società segrete nelle
quali può riscontrarsi un rito di affiliazione, che agiscono su scala locale, ma possono anche
riconoscersi e coordinarsi tra loro. Terzo: reticoli affaristici di scala sovralocale e anche
internazionale, fluidi quanto richiedono gli affari stessi. Ma l’analisi del network non termina qui.
Dobbiamo tener conto dei soggetti non inquadrabili in alcuno dei tre tipi di organizzazione che
abbiamo delineato, ma i cui interessi, i cui atti (le cui omissioni) concorrono in maniera decisiva alle
sue fortune. Mafia di certo vuol dire criminalità, però non soltanto. Più in generale, vuol dire
patologia del potere.
S. Abbiamo fatto cenno al concetto di «borghesia mafiosa». Coniata da Mario Mineo, la definizione ha avuto di
90