Page 92 - Potere criminale
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un gioco di segnali, pressioni, intimidazioni, ricatti, che essenzialmente appartiene al loro mondo.
           Continuo a non capire, per fare un esempio, per quale ragione i grandi poteri affaristico-politici,
           spesso  chiamati  in  causa,  avrebbero  dovuto  affidare  a  Cosa  Nostra  il  mandato  per  la  strage  degli
           Uffizi.

           S. Non rischi di alimentare una visione «riduttivista» che finisce per riportare la grande valenza del potere mafioso
           a semplici relazioni, più o meno conflittuali, tra gruppi e singoli protagonisti di faide paesane?


           L. Ma no. Faide paesane? Forse, ma questo è solo il punto di partenza. Il meccanismo, d’altronde,
           parte dal basso e dalla periferia, ma qualche volta punta in alto. Cosa Nostra, non lo scordare, ha
          raggiunto con Calvi e Sindona gangli cruciali del potere finanziario su scala nazionale e mondiale.
           Sostenendo importanti fazioni politiche, proteggendo grandi imprese, si è procurata interlocutori
           «eccellenti». C’era una ragione per cui la Standa di Catania, del gruppo Berlusconi, pagava il pizzo
          alla locale filiale di Cosa Nostra. Non so se fosse la stessa che portava Vittorio Mangano ad Arcore, a

          casa di Silvio Berlusconi. C’è sempre una ragione, bisogna però sapere quale.

          S. Siamo in grado di segnare differenze e analogie tra la mafia siciliana e altre organizzazioni criminali italiane
          come la camorra napoletana e la ’ndrangheta calabrese?

          L. Solo la mafia è stata al centro di una discussione pubblica per tutto il lunghissimo periodo che va
          dal momento stesso della nascita dello Stato unitario italiano. Non a caso, la parola ha nel corso di
          questo  periodo  assunto  carattere  paradigmatico-universale  e  attualmente  parliamo  di  mafie  con
           riferimento  a  diverse  varianti  (non  solo  italiane)  di  criminalità  organizzata.  Oggi  la  legge  italiana

           parla  di  organizzazioni  «di  tipo  mafioso»,  comprendendo  ovviamente  le  analoghe  fenomenologie
           campana o calabrese. Bisogna dire però che in Calabria o in Campania non troviamo in campo una
           superorganizzazione o una superholding, ma vediamo bande criminali-affaristiche, qualche volta di
           base familiare o paesana, che controllano certi territori o certi traffici, si accordano o si scontrano, si
          aggregano  o  si  spaccano,  rappresentando  comunque  il  fulcro  di  reticoli  di  scala  nazionale  o

          internazionale.  Anche  in  Sicilia,  peraltro,  troviamo  situazioni  del  genere:  a  Catania,  ad  esempio.
          Penso che una riflessione comparativa possa indirizzarci verso l’uso di strumenti interpretativi più
           duttili anche per Cosa Nostra.

           S.  Abbiamo  visto  che  la  mafia  esaspera  il  ruolo  dei  valori  familiari,  fino  all’estremizzazione  del  cosiddetto
           «familismo amorale» per cui dentro e a tutela della famiglia si giustifica ogni gesto. Cosa si può fare per sancire
          una discontinuità e un’incompatibilità tra l’ambito familiare e quello mafioso?

          L. Niente. La mafia deve i suoi successi agli insuccessi dello spirito pubblico, della civicness  o  del
           senso dello Stato – chiamalo come vuoi. Dipinge se stessa come una famiglia, sapendo bene che è

           nel  cosiddetto  familismo  amorale  che  può  trovare  un  asse  valoriale  in  grado  di  collegarla  con  la
           società e di mimetizzarla nella società. Io spero che gli italiani (la questione meridionale è una specie
           di questione italiana al cubo) finalmente imparino che esiste un’etica pubblica autonoma da quella
           individuale  o  familiare,  e  altrettanto  importante.  Ma  non  possiamo  aspettare  i  tempi  di
           quest’autoriforma  morale,  che  nel  migliore  dei  casi  saranno  lunghi.  Siamo  di  nuovo  all’attesa

           messianica della rivoluzione? Collegare in maniera indissolubile queste nobili prospettive di lungo
          periodo alla lotta antimafia, sostenere esplicitamente o implicitamente che senza il pieno successo sul
           terreno generale non se ne potrà ottenere alcuno su quello specifico, significa fare un grande regalo al
          nemico. La battaglia va affrontata e può essere vinta coi materiali disponibili, nel mondo complicato
          e tutt’altro che puro nel quale ci troviamo a vivere.



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