Page 94 - Potere criminale
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delle prove certe che li sbugiardavano. Oggi non è più così. I radicalismi dell’antimafia sono stati
forse astratti, ma anche efficaci: hanno creato spazi, hanno introdotto qualche luce nella zona grigia.
Esperienze come quelle che hai citato dimostrano che l’antimafia può fare proseliti anche negli
ambienti in passato più silenti e collusi.
S. Su questo fronte, la questione giuridica è molto complessa: l’imprenditore o il commerciante che paga il pizzo
deve essere considerato vittima o complice?
L. Certamente tra quelli che pagano ci sono i complici, ma non tutti possono essere considerati tali.
Ci sono la paura, giustificata o meno, la carenza di senso civico, l’amore per il quieto vivere, la
ricerca di una qualche autorità. La criminalizzazione collettiva è ingiusta sotto il profilo giuridico e
giudiziario, controproducente sotto quello politico. Diamo a tutti il modo di venirne fuori.
S. Resta comunque fortissima la seduzione narrativa della mafia: film, romanzi, fiction televisive.
L. Seduzione, hai detto. Infatti la gran parte delle opere letterarie e di fiction o offrono un’immagine
affascinante della mafia o le riconoscono un potere assoluto – e dunque sono apologetiche anch’esse.
Come in America, laddove la mafia occupa sugli schermi cinematografici e televisivi un posto molto
più importante rispetto a quello che occupa (ormai) nella realtà.
S. Si disse di Sciascia, si disse perfino di Falcone: stregati dalla mafia. Chi scrive e si occupa di mafia ne subisce
sempre il fascino?
L. Sempre no. Nella maggior parte dei casi forse sì.
S. Forse anche noi finiamo per subirne il fascino? Qual è, se esiste, l’antidoto?
L. Possiamo subirne il fascino quando ci troviamo a esporre gli argomenti dei mafiosi stessi: la legge
non è in grado di risolvere niente, i potenti sono sempre corrotti; fìdati di noi, aggiusteremo le cose;
siamo potenti e proprio per questo raggiungiamo accordi e utilizziamo la violenza solo come risorsa
estrema, come strumento razionale per punire gli ingordi e i rapaci; siamo gli ultimi rappresentanti
di virtù antiche – onore, prudenza, equilibrio, coraggio –, che nel mondo moderno rischiano di
perdersi e che saranno rimpiante. L’antidoto? Sapere che si tratta di un’ideologia, mostrare come i
comportamenti reali si ispirino a tutt’altri principi, spiegare le ragioni strutturali (non occasionali!)
del fallimento del metodo mafioso.
S. Facciamo un’ipotesi: e se la mafia, per come la conosciamo, fosse definitivamente morta? È possibile ipotizzare
un futuro senza mafia o con una mafia «legalizzata»?
L. La mafia che da più di un secolo affligge la Sicilia centro-occidentale potrebbe anche essere un
malato terminale: però non vorrei confondere le mie speranze con la realtà e non voglio fare
previsioni che sarebbero troppo facilmente smentite. Attenzione comunque. Le mafie, cioè la
criminalità organizzata e il malaffare politico-affaristico, continueranno ad esistere, nella nostra e in
molte altre società. Legalizzarle? Niente affatto. Al contrario è necessario approntare strumenti
sempre più sofisticati (analitici, legali, operativi) per definire le dinamiche operanti negli strati più
profondi della società, per limitare i poteri nascosti, che, sovrapponendosi a quelli legali e
costituzionali, finiscono per negare i diritti di ognuno.
S. Vorrei concludere riprendendo i termini di una tua risposta iniziale: la mafia non è figlia del sottosviluppo, né
tantomeno produce sottosviluppo. Insomma, la mafia può nascere e vivere nella modernità?
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