Page 83 - Potere criminale
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L. Certo, cos’altro ne poteva derivare? Se qualcuno pensò veramente che le stragi potessero aprire il
           terreno della trattativa, ebbene, si sbagliò.

           S. Possono esserci dei mandanti occulti, dei suggeritori politici dietro le stragi?

           L. Vediamo cosa accerteranno le indagini. Quel che temo è un continuo rilancio interpretativo, al
          termine del quale ci troveremo impaludati sul terreno delle ipotesi destinate a non assumere mai la
           consistenza della prova. Come antidoto, mi attacco ai miei remoti studi di logica, provo ad applicare

           il «rasoio di Occam».

           S. Vuoi dire il principio del filosofo Guglielmo di Occam per cui «a parità di fattori la spiegazione più semplice
           tende a essere quella esatta»?

           L.  Proprio  questo.  Le  stragi  di  Falcone  e  Borsellino  si  spiegano  abbastanza  bene  nella  logica
           corleonese, in una strategia più che decennale. Controproducente? Certo, si rivelò tale nei suoi esiti.
           Ci  sono  state  accuse  contro  Marcello  Dell’Utri,  ma  una  recente  sentenza  ha  escluso  sue

           responsabilità. Staremo a vedere, ma io credo che anche in futuro questa linea investigativa non darà
           niente. Per ora, il punto deve essere un altro: non c’è bisogno di chiamare in causa nessuna trama
           occulta  per  spiegare  la  simpatia  di  alcuni  mafiosi  per  il  progetto  di  Forza  Italia  nel  1994.
          Indirizzarono i loro consensi verso la nuova offerta politica di area «moderata» come fecero tanti
          gruppi di interesse, e milioni di cittadini italiani.

          S. Il ragionamento che fanno alcuni settori dell’opinione pubblica e della magistratura è questo: la nascita di Forza

          Italia non è stata decisa dalla mafia, ma la mafia ha avuto un peso determinante nella nascita di quel partito. È
           plausibile?

           L. Diciamo le cose come stanno. Molti (e tra loro, forse, qualcuno degli inquirenti) pensano la mafia
          come  il  soggetto  che  ha  pianificato  quell’operazione.  Si  sentono  rassicurati  respingendo  il
          berlusconismo nel sottosuolo, molto lontano dalla loro idea «di sinistra» d’Italia. Invece parliamo di
           una  nuova  offerta  di  politica  (e  di  anti-politica)  nata  in  risposta  a  una  formidabile  domanda  di
          opinione pubblica, al Nord come al Sud – nonché alle esigenze di pezzi della classe politica e del

          mondo degli affari. Per quale ragione dovremmo privilegiare un singolo soggetto occulto su soggetti
          palesi così numerosi, influenti, poderosi? Nella sostanza, questo voglio dire: non c’è nessun mistero
          da spiegare.

          S. Il pentito Gaspare Spatuzza e compagni raccontano una storia diversa.

           L. Si nutrono dell’idea della mafia come iper-potenza, e ancora una volta ce la trasmettono provando
           a farci ragionare con i loro strumenti interpretativi di boss e gregari: dovremmo stare insomma a
           quello che Graviano ha capito o ha ritenuto di far capire a Spatuzza, a quello che Ciancimino padre

           ha capito e ha ritenuto di far capire a Ciancimino figlio.

           S. Insomma, non è vero niente?

           L.  Non  direi  proprio.  Dell’Utri  è  stato  condannato  per  associazione  mafiosa  anche  in  appello.
           Vittorio  Mangano,  boss  di  Cosa  Nostra  e  personaggio  chiave  del  riciclaggio  dei  profitti  del
           narcotraffico su Milano, ha soggiornato a lungo in casa Berlusconi con mansioni che né Dell’Utri né

           Berlusconi  hanno  mai  saputo  spiegare.  I  due  hanno  poi  definito  Mangano  un  eroe.  Su  certi
           finanziamenti piovuti in quegli anni sulle aziende berlusconiane, infine, il mistero è sempre stato e
           resta fitto. Non c’è da stupirsi che i capimafia messi pesantemente sotto pressione, di fronte ai danni



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