Page 78 - Potere criminale
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restituiscono il profilo di un mafioso anomalo. E anomala per certi versi è la sua carriera mafiosa...
L. Buscetta comincia i suoi viaggi piuttosto giovane, passando lunghi periodi in Argentina e in
Brasile. Lo ritroviamo poi affiliato del gruppo palermitano La Barbera; che però nella sua attività di
contrabbandiere di tabacchi si muove continuamente in Italia e all’estero. Quando i La Barbera
perdono la prima guerra di mafia, Buscetta, ricercato dalla polizia, si sposta prima in Messico, poi
negli Stati Uniti. È più o meno a questo punto che la stampa gli assegna un soprannome: il boss dei
due mondi. A New York, checché ne dica, si occupa di commercio di droga. Viene contattato e
finanziato dai Gambino, gruppo dirigente della Cosa Nostra americana, ed entra a far parte di un
nucleo composito di emigrati di ultima generazione siciliana – chiamati dagli americani zips, non si
sa bene perché. Gli zips forniscono l’eroina ai Gambino e anche alla vecchia famiglia castellammarese
di Joe Bonanno, il cui boss in carica – Carmine Galante – viene clamorosamente assassinato.
S. Quali sono, oltre a Buscetta, i siciliani più direttamente coinvolti sul versante americano?
L. A New York ci sono il giovane Salvatore Inzerillo e una famiglia di palermitani di nome
Gambino, che si spacciano per nipoti del superboss Carlo Gambino e forse gli sono parenti, ma alla
lontana; fanno parte dell’entourage del banchiere Michele Sindona. Anche Tano Badalamenti, boss
di Cinisi, ex pezzo grosso di Cosa Nostra siciliana, fratello di un importante esponente della mafia
di Detroit, lavora nel ramo. I Caruana-Cuntrera di Siculiana agiscono tra Montreal e il Venezuela,
dove si è rifugiato il vecchio Salvatore Greco Cicchiteddu, che immaginiamo non abbia rinunciato
alle antiche attività. Sono convinto – e tutto spinge verso questa spiegazione – che il presunto
carisma di Buscetta tra i palermitani derivi dall’essere rappresentante dei potentati di oltreoceano e
dal ruolo cruciale da lui svolto nei traffici di droga. Per gli americani è ambasciatore dei siciliani, e
viceversa. Possiamo parlare di una terza mafia, né americana né siciliana, ma siculo-americana.
S. Se diamo per buona la tua spiegazione, quale sarebbe il ruolo della terza mafia?
L. Gli americani chiedono alla terza mafia di trattare con i siciliani le spedizioni di droga, e di
occuparsi delle importazioni. Si guardano bene dallo svolgere loro, direttamente, queste attività.
Negli Stati Uniti, le polizie locali sono tolleranti con il gioco d’azzardo e con il racket, ma il traffico
di stupefacenti ricade nella competenza di agenzie federali, Dea e Fbi, i cui agenti sono assai meno
accomodanti. Anche le pene previste per questi reati sono molto pesanti. Per gli americani, la terza
mafia rappresenta una specie di esternalizzazione del rischio.
S. Di Buscetta, il fratello di Totò Riina diceva con disprezzo: «Ha visto il mondo e gli è scoppiato il cervello». In
realtà, lo sguardo di don Masino sembra un po’ esterno al mondo della mafia palermitana, anche se lui si considera
l’interprete autentico dello spirito mafioso...
L. Questo fa di sicuro parte del suo cosiddetto carisma. Ha visto il grande mondo e se ne fa
rappresentante nel piccolo mondo natio.
S. Falcone dice che Buscetta fornì il codice per decifrare una lingua sconosciuta...
L. È certamente così. Precedenti testimoni come Joe Valachi o ancor prima il dottor Melchiorre
Allegra si difendevano dicendo di essersi ritrovati per caso nella mafia, descrivevano i mafiosi come
gente strana, rispetto alla quale erano rimasti sempre estranei. Buscetta invece dice: io sono più
mafioso di loro, sono più vero di loro. Io posso interpretare questa cosa per voi.
S. A premessa delle sue dichiarazioni, sostiene perfino di non essere un pentito...
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