Page 57 - L'onorata società
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tenere insieme gli interessi dei grandi avvocati d'affari, come Sergio Erede,
Franco Bonelli e Aurelio Pappalardo, riuniti nello studio al vertice della
speciale classifica stilata dalla rivista «Top Legal» (147 milioni di fatturato
nel 2008, 95 di utili, 263 collaboratori), con quelli dei colleghi che si
occupano di cause di separazione e contenziosi assicurativi (la media delle
dichiarazioni dei redditi degli avvocati è di 49 mila euro...). L'attacco del
governo di centrosinistra, in ogni caso, richiede una risposta compatta.
Piero Guido Alpa, piemontese di Ovada (Alessandria), ordinario di
Diritto civile alla Sapienza di Roma e presidente del Consiglio nazionale
forense, si fa paladino della specificità della categoria: «Il provvedimento
di Bersani travolge i princìpi fondamentali della professione ed è afflitto da
profili di incostituzionalità, di contraddittorietà, di inopportunità». E poi,
«un conto sono le tariffe dei servizi, un altro quelle che garantiscono
l'accesso alla giustizia». Per Ettore Randazzo, docente di Sociologia e
deontologia delle professioni legali all'università Kore di Enna, all'epoca
presidente dell'Unione delle camere penali, la cancellazione dei minimi è
destinata a «legittimare l'arrembaggio di avvocati squalificati», anche
perché l'Ordine «è inondato da 15 mila nuovi avvocati all'anno disposti a
tutto pur di sopravvivere». Michelina Grillo, a capo dell'Organismo unitario
dell'avvocatura, una sorta di supersindacato della categoria, va dritto al
sodo: «Le norme contro gli avvocati, e i professionisti in genere, non
tutelano per nulla i consumatori. Il governo prosegue su una strada
autoritaria ed esaspera il conflitto. Non possiamo che continuare la nostra
protesta». Infatti l'Oua proclama una serie di agitazioni senza precedenti,
decine e decine di giorni di astensione dalle aule dei tribunali. Al punto da
beccarsi una sanzione dalla Commissione di garanzia sugli scioperi, dopo la
prima tornata di braccia incrociate, dal 10 al 21 luglio del 2006: 25 mila
euro di ammenda «per non avere rispettato il periodo di preavviso previsto
dalla legge e per la mancanza di un'effettiva giustificazione alla durata
dello sciopero superiore a 7 giorni».
A scatenarsi è pure Maurizio de Tilla, allora presidente della Cassa
forense, l'istituto previdenziale degli avvocati, che nel 2007 ha dichiarato a
bilancio un patrimonio di 3,7 miliardi (485 milioni di immobili) e un avanzo
netto di esercizio di 264 milioni su un miliardo di entrate. Visto che il
provvedimento è "iniquo e autoritario", sul sito della Cassa si invitano gli
associati a ricorrere alla Corte europea di Strasburgo per i diritti dell'uomo.
Compare addirittura il modulo da compilare e inviare alla Corte.
«L'importante è essere uniti» è la chiamata alle armi di de Tilla «per fare
abolire questo decreto con il quale il governo vuole cercare di controllare il
nostro lavoro, che è intellettuale, autonomo e per questo difficile da
gestire.» Per inciso, de Tilla non ha smesso di pensarla allo stesso modo,