Page 53 - L'onorata società
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Troppi interessi in gioco. Altro caso, i notai, i più ricchi d'Italia con i loro
          redditi medi di 250-300 mila euro all'anno (ma, a loro discolpa, va detto
          che non possono evadere nemmeno un centesimo). Per cominciare occorre
          la laurea in Giurisprudenza. Quindi è obbligatorio svolgere un tirocinio di un

          anno  presso  uno  studio  notarile,  iscrivendosi  nel  registro  dei  praticanti.
          Terminato  il  tirocinio,  occorre  superare  un  esame  composto  da
          preselezione informatica, prova scritta e orale. Come canta Gianni Morandi,
          uno su mille ce la fa. Non sarà la proporzione giusta, ma le cifre rendono

          bene l'idea: a Roma, nell'ottobre 2007, si sono presentati 2.367 candidati
          per 230 posti. I concorsi poi sono eterni: tra carte bollate, ricorsi al Tar e
          pronunciamenti  della  Corte  costituzionale,  non  è  ancora  andato  in  porto
          quello del 2004. Il vero nodo, comunque, è che sono pochissime le sedi

          disponibili, stabilite ogni sette anni a numero programmato dal ministero
          della  Giustizia.  Il  Consiglio  nazionale  del  notariato  aveva  accettato  di
          rivedere la pianta organica, portandola da 5.312 a 6.152 notai, uno ogni 7
          mila abitanti anziché 8 mila, in modo da colmare le lacune soprattutto nel

          Nord  Italia.  Decine  di  ricorsi  anche  in  questo  caso.  Così  i  notai
          effettivamente  in  attività,  al  momento,  rimangono  4.723.  Sarebbe
          necessario  colmare  rapidamente  i  buchi.  Al  contrario,  la  categoria,  pur
          proponendo alcune modifiche al modello di esame, non molla sul controllo

          dell'accesso:  «Non  sono  riuscita  nemmeno  a  trovare  un  notaio  che  mi
          facesse  fare  il  tirocinio!»  lamenta  Angela  in  uno  dei  tanti  forum
          studenteschi su internet.
              Periodi di praticantato che per i giovani spesso si traducono in lavoro

          sottopagato  giorno  e  notte,  o  peggio  nel  fondamentale  compito  di
          rispondere al telefono e fare le fotocopie. Concorsi sui quali si scatenano le
          polemiche perché si sanno in anticipo i nomi dei vincitori (straordinario il
          racconto di Gian Antonio Stella sul «Corriere della Sera» del concorso per

          l'avvocatura svolto a Catanzaro nel 1997: su 2.301 partecipanti ben 2.295,
          tutti meno sei sventurati, consegnarono, parola per parola, l'identica prova
          scritta). Infine, quando si ha il famigerato tesserino in tasca, tariffe delle
          prestazioni  rigorosamente  concordate:  chi  sgarra  è  fuori.  Intanto,  per

          entrare,  contano  più  le  raccomandazioni  e  la  famiglia  di  origine  che  il
          merito.  In  Italia,  come  ha  messo  in  luce  una  ricerca  del  consorzio
          interuniversitario Almalaurea, il 44 per cento dei padri architetti ha un figlio
          (maschio)  laureato  in  Architettura,  il  42  per  cento  dei  padri  laureati  in

          Giurisprudenza ha un figlio con il medesimo titolo di studio, il 41 per cento
          dei  padri  farmacisti  ha  un  figlio  farmacista,  il  39  per  cento  dei  padri
          ingegneri  ha  un  figlio  ingegnere,  il  39  per  cento  dei  padri  medici  ha  un
          figlio medico.

              Attenzione,  gli  stessi  meccanismi,  magari  con  qualche  differente
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