Page 115 - L'onorata società
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da  Piacenza  a  Milano  e  ritorno.  Nel  1985,  esasperato,  ha  iniziato  ad
          appuntare  in  un  registro  ogni  singolo,  maledetto  ritardo.  Risultato:  un
          archivio puntuale e preciso che il 31 dicembre manda per posta elettronica
          a  conoscenti,  amici,  amministratori,  politici  e  funzionari  di  Trenitalia.

          Secondo i suoi conteggi, nel 2008 i pendolari della Milano-Piacenza hanno
          dovuto  sopportare  4.645  minuti  di  ritardo,  oltre  77  ore,  in  pratica  due
          settimane lavorative. «Tempo che Trenitalia ci ruba e che siamo costretti a
          recuperare  la  sera  o  il  sabato,  altrimenti  ci  vediamo  decurtato  lo

          stipendio.»
              Nelle tabelle dell'informatico lombardo la media annuale degli arrivi in
          orario,  tra  andata  e  ritorno,  è  del  20  per  cento:  un  viaggio  su  cinque.  I
          ritardi entro i 5 minuti sono il 43 per cento. Il 37 va oltre. Dall'estate 2009,

          Carenzi  è  andato  in  pensione.  Chissà  se  ha  trovato  un  compagno  di
          sventura disposto a succedergli nella compilazione del database. Dove ogni
          tanto si trovano interessanti note a margine. Come quel pomeriggio alla
          Stazione Centrale di Milano. Alle 18 Carenzi e gli altri passeggeri diretti a

          Piacenza sentono l'altoparlante annunciare che il treno sarebbe partito più
          tardi, causa «presenza di materiale umano sui binari». Erano i pendolari
          che protestavano a Rogoredo. «Ecco cosa siamo per Trenitalia: materiale
          umano da rimuovere.»

              Sempre a Piacenza (e forse non è un caso), un giudice di pace, Luigi
          Cutaia,  il  30  dicembre  2008  ha  depositato  una  sentenza  destinata  in
          qualche modo a passare alla storia. Nella causa intentata da un pendolare,
          Umberto  Fantigrossi,  contro  Trenitalia,  il  magistrato  ha  dato  ragione  al

          passeggero e gli ha riconosciuto 1.000 euro a titolo di danno esistenziale.
          Proprio  così:  «Grave  stato  di  disagio,  oltre  che  fisico,  psicologico».  Il
          giudice Cutaia parla di


              violazione delle norme che regolano l'erogazione dei servizi pubblici. Ma
          anche, anzi soprattutto, dei diritti fondamentali della persona che ispirano
          la  nostra  Costituzione.  Come  quelli  che  attengono  al  rispetto  della
          personalità  e  alla  intangibilità  della  dignità  dei  cittadini.  Indubbiamente

          mortificate  dalle  inaccettabili  e  umilianti  condizioni  alle  quali  deve
          sottostare chi è costretto a raggiungere col mezzo ferroviario lontani posti
          di lavoro, per diretta conseguenza di disservizi di vario tipo riconducibili a
          responsabilità del vettore.


              Le  motivazioni  del  giudice  piacentino  rischiano  di  provocare  una
          valanga.  Migliaia  di  viaggiatori  abituali  sono  già  pronti  a  chiedere
          indennizzi.
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