Page 112 - L'onorata società
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7. Né per terra né per cielo né per mare
È il 9 maggio 2009. Giovanni è uno studente universitario di Torino.
Deve arrivare all'aeroporto di Orio al Serio per volare a Londra. Prende il
primo treno per Milano e fin qui tutto bene. Poi sale su un regionale diretto
a Bergamo, che parte con 20 minuti di ritardo. Sistema il bagaglio, si siede
e all'improvviso sente una botta in testa. Un dolore tremendo. La
plafoniera si è staccata dal soffitto e gli è piombata addosso. Giovanni
porta le mani sui capelli, sono piene di sangue. Sconcertato, decide di
andare alla ricerca del capotreno per chiedere soccorso e segnalargli
l'incidente. Ma una porta che separa le carrozze è bloccata. Aspetta la
prima fermata. Scende e risale sul vagone successivo. Di controllori,
nessuna traccia. Incappa invece in un'altra porta che non funziona. Stessa
tragicomica operazione di prima e finalmente trova il responsabile. Il
sangue per fortuna ha smesso di colare. Giovanni gli chiede di seguirlo per
mostrare quello che è accaduto. Il capotreno dapprima si rifiuta perché non
vuole lasciare solo il macchinista; alla fine, dopo mille insistenze, si alza e
va con lui. Arrivato nello scompartimento, prende il pezzo staccato e lo
riappiccica sul soffitto alla meno peggio. Avanti il prossimo.
Succede anche questo nel calvario quotidiano cui sono costretti gli
italiani che viaggiano in treno. Un episodio come tanti. I dati del Censis
dicono che 14 milioni di persone ogni mattina muovono dalla provincia o
dalla periferia verso le grandi città per motivi di lavoro o di studio. Di
questi, almeno 2 milioni utilizzano le rotaie. Convogli regionali, nel 90 per
cento dei casi. Chi usa le ferrovie spende circa 50 euro al mese per
percorrere una distanza media di 25 chilometri in 40-45 minuti. Orario da
programma, si intende. Un viaggio tutto sommato breve, potenzialmente
piacevole, l'occasione per leggere il giornale andando in ufficio o per fare il
punto della giornata. Invece ci si ritrova in piedi, appiccicati l'uno all'altro,
senza nemmeno riuscire a prendere il telefonino dalla giacca se inizia a
squillare. Potrebbe essere l'occasione per stringere nuove amicizie o,
perché no, incontrare la donna o l'uomo della vita. Ma i rischi sono alti. Lo
ha imparato a proprie spese un signore di Lecco, condannato a 10 giorni di
carcere (pena sospesa) per aver fissato con troppa insistenza una
compagna di scompartimento nel tragitto per Milano. La donna ha
raccontato che il malintenzionato si era seduto accanto a lei,
costringendola a spostare il cappotto. Il giorno dopo le si era piazzato di
fronte e l'aveva guardata insistentemente per tutto il percorso. Il giudice lo