Page 12 - Mani in alto
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I due amici sono coetanei ma Romano sembra più grande.
È alto, sguardo ammaliante, capelli riccioluti che stanno al loro posto solo con un
bel po’ di brillantina e la retina della notte. Rimasto orfano di madre giovanissimo
restò un po’ con il padre poi scappò di casa per arruolarsi nella Guardia nazionale
repubblicana, dove non venne accettato perché troppo giovane («Fascisti del
cazzo…» aveva mugugnato, girando i tacchi al gerarca che vagliava le reclute).
In seguito incontrò alcuni partigiani comunisti. L’età anagrafica non ebbe per loro
molta importanza, ma forse Romano dimostrava già molto più dei suoi anni. Così in
poco tempo prese confidenza con le armi e le ideologie comuniste, arrivando a
prendere addirittura il comando di quella piccola pattuglia.
Finita la guerra si era guadagnato il pane compiendo rapine. L’ultima, quella per cui
era stato arrestato, l’aveva fatta ai danni di una banca nel centro di Bologna. Era
fuggito tranquillamente prendendo un tram.
Ora è detenuto nella terza cella ovest. Due celle più giù c’è un certo Paolo
Casaroli.
Tristezza, tu discendi oggi dal sole.
La tua specie mutevole è la nube del cielo,
e son le spume del mare gli orli del tuo lino lungo…
Paolo Casaroli conosce a memoria tutte le poesie di Gabriele D’Annunzio, mentre
le recita ad alta voce si glorifica l’anima.
Le mura di queste celle ne hanno sentite di tutti i colori. Il carcere di San Giovanni
in Monte un tempo era un convento di monaci benedettini, le stesse celle che adesso
rinchiudono i prigionieri una volta ospitavano i religiosi. Con l’occupazione
francese, sul finire del Diciottesimo secolo, furono soppressi tanti ordini religiosi e
molti conventi furono destinati a usi militari. Questo era stato trasformato in un
carcere.
«Vigilare e redimere» è una frase in stampatello che adorna un’effige sotto un
voltone del corridoio della prigione, «i giorni di questa vita ci vengono concessi
come una proroga per emendarci dai nostri vizi».
Recitava così l’antica Regola di san Benedetto.
I monaci passeggiavano nel cortile meditando sul creato e sul creatore, mentre ora i
carcerati osservano i tetti di Bologna che sbucano dal mondo circostante traboccante
di libertà. Quella libertà da poco riconquistata con terribili lutti e tremende
distruzioni.
Paolo ama tenere una pipa spenta tra le labbra specialmente quando è assorto nelle
sue letture preferite mentre gira avidamente le pagine aggrotta le sopracciglia scure.
È un bel ragazzo, con folti capelli scuri, gli occhi neri e intensi sulla carnagione
chiara del viso. Non è molto alto, ma è agile e muscoloso quanto basta per farsi
rispettare dagli altri detenuti.