Page 7 - Mani in alto
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Antivigilia di Natale 1974
Penitenziario di Porto Azzurro, isola d’Elba
A Porto Azzurro la luce del sole ha un riverbero speciale. Si rifrange nel mare,
attraversa le grate delle celle e infonde il desiderio di creare i colori.
Colori vivi e intensi prendono vita sulla tela, pennellate delicate si susseguono con
il passare dei giorni, dei mesi, degli anni. Dipingere tiene viva l’anima mentre il
tempo scorre lentamente.
Paolo Casaroli è rinchiuso da oltre vent’anni nel penitenziario di Porto Azzurro.
Dei vecchi amici soltanto il Lungo viene a fargli visita, gli altri sono morti o
smarriti in giro per il mondo.
Paolo porta occhiali dalla montatura scura, ha i capelli leggermente lunghi; sono
ancora neri ma iniziano a imbiancarsi vicino alle tempie e alle basette.
A volte riceve la visita di giornalisti, a volte di politici interessati al tema
dell’ergastolo, capitano persino estimatori dei suoi quadri.
Una giovane giornalista ha chiesto di vederlo per un’intervista, sta preparando
un’inchiesta sulle condizioni di vita degli ergastolani.
L’ergastolo è una brutta bestia, lo aveva capito appena varcato il portone del
penitenziario: si rese immediatamente conto della differenza con il carcere di San
Giovanni in Monte, dove era stato da ragazzo. La prima cosa che lo colpì fu vedere
gli ergastolani lavorare a maglia apatici sulle brande. In quel preciso istante capì di
trovarsi in un tunnel senza uscita, il tunnel buio dell’ergastolo.
A sorreggerlo fu la luce di Porto Azzurro.
L’appuntamento è fissato per le ore sedici.
Alle quattro meno cinque Paolo Casaroli viene fatto uscire dalla cella e si avvia
verso la biblioteca. Dentro c’è un altro detenuto che sta leggendo I tre moschettieri.
«Roba fina quella lì…» mormora Paolo entrando.
Passano alcuni minuti.
Entra un agente di custodia, Paolo alza lo sguardo verso la porta.
«C’è la giornalista…» dice l’agente con accento siciliano.
La giornalista è dietro la porta. È una bella ragazza mora con un neo sulla guancia
sinistra, indossa un giaccone militare e una lunga sciarpa di lana fatta ai ferri.
Paolo la guarda con sufficienza, poi mentre si consumano i soliti convenevoli la