Page 99 - Gomorra
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tutto e subito, e averlo quanto prima. È questa la forza e l'attrattiva che Cosimo Di
            Lauro impersona.

                 Tutti,  anche  i  più  premurosi  verso  la  propria  incolumità,  finiscono  nella  gabbia
            della pensione, tutti prima o poi si scoprono cornuti, tutti finiscono con una badante
            polacca.  Perché  crepare  di  depressione  cercando  un  lavoro  che  fa  boccheggiare,
            perché  finire  in  un  part-time  a  rispondere  al  telefono?  Diventare  imprenditore.  Ma

            vero. Capace di commerciare con tutto e di fare affari anche col nulla. Ernst Jùnger
            direbbe che la grandezza è esposta alla tempesta. Lo stesso ripeterebbero i boss, gli
            imprenditori di camorra. Essere il centro di ogni azione, il centro del potere. Usare
            tutto come mezzo e se stessi come fine. Chi dice che è amorale, che non può esserci
            vita senza etica, che l'economia possiede dei limiti e delle regole da seguire, è soltanto

            colui che non è riuscito a comandare, che è stato sconfitto dal mercato. L'etica è il
            limite del perdente, la protezione dello sconfitto, la giustificazione morale per coloro
            che non sono riusciti a giocarsi tutto e vincere ogni cosa. La legge ha i suoi codici
            stabiliti,  ma  non  la  giustizia  che  è  altro.  La  giustizia  è  un  principio  astratto  che
            coinvolge tutti, passabile a seconda di come lo si interpreta di assolvere o condannare
            ogni essere umano: colpevoli i ministri, colpevoli i papi, colpevoli i santi e gli eretici,
            colpevoli  i  rivoluzionari  e  i  reazionari.  Colpevoli  tutti  di  aver  tradito,  ucciso,

            sbagliato. Colpevoli d'essere invecchiati e morti. Colpevoli di essere stati superati e
            sconfitti. Colpevoli tutti dinanzi al tribunale universale della morale storica e assolti da
            quello della necessità. Giustizia e ingiustizia hanno un significato solo se considerate
            nel concreto. Di vittoria o sconfitta, di atto fatto o subito. Se qualcuno ti offende, se ti
            tratta male, sta commettendo un'ingiustizia, se invece ti riserva un trattamento di favore
            ti fa giustizia. Osservando i poteri del clan bisogna fermarsi a questi calibri. A queste

            maglie  di  giudizio.  Bastano.  Devono  bastare.  È  questa  l'unica  forma  reale  di
            valutazione  della  giustizia.  Il  resto  è  solo  religione  e  confessionale.  L'imperativo
            economico è foggiato da questa logica. Non sono gli affari che i camorristi inseguono,
            sono  gli  affari  che  inseguono  i  camorristi.  La  logica  dell'imprenditoria  criminale,  il
            pensiero dei boss coincide col più spinto neoliberismo. Le regole dettate, le regole
            imposte,  sono  quelle  degli  affari,  del  profitto,  della  vittoria  su  ogni  concorrente.  H
            resto vale zero. Il resto non esiste. Poter decidere della vita e della morte di tutti, poter

            promuovere  un  prodotto,  monopolizzare  una  fetta  di  mercato,  investire  in  settori
            d'avanguardia, è un potere che si paga con il carcere o con la vita. Avere potere per
            dieci  anni,  per  un  anno,  per  un'ora.  Non  importa  la  durata:  vivere,  comandare  per
            davvero, questo conta. Vincere nell'arena del mercato e arrivare a fissare il sole con
            gli  occhi  come  faceva  in  carcere  Raffaele  Giuliano,  boss  di  Forcella,  sfidandolo,

            mostrando che il suo sguardo non si accecava neanche dinanzi alla luce prima. Raffaele
            Giuliano che aveva avuto la spietata volontà di cospargere di peperoncino la lama di
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