Page 98 - Gomorra
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sono. Sono modelli che tutti conoscono e che non abbisognano di eccessive mediazioni.
            Lo  spettacolo  è  superiore  al  codice  sibillino  dell'ammiccamento  o  alla  circoscritta
            mitologia  del  crimine  da  quartiere  malfamato.  Cosimo  fissa  le  telecamere  e  gli
            obiettivi dei fotografi, abbassa il mento, sporge la fronte. Non si è fatto trovare come
            Brusca con un jeans liso e una camicia sporca di salsa, non è impaurito come Rima
            portato  di  corsa  sopra  un  elicottero,  né  sorpreso  con  il  volto  pieno  di  sonno  come
            capitò a Misso, boss della Sanità. È un uomo formato nella società dello spettacolo e

            sa di andare in scena. Si presenta come un guerriero che si è imbattuto nella sua prima
            sosta. Sembra che stia pagando per il troppo coraggio, l'eccessivo zelo nella guerra che
            ha condotto. Questo racconta il suo volto. Non sembra che sia tratto in arresto, ma che
            muti semplicemente il luogo del suo comando. Innescando la guerra sapeva di andare
            incontro  all'arresto.  Ma  non  aveva  scelta.  O  guerra  o  morte.  E  l'arresto  vuole

            rappresentarlo come la dimostrazione della sua vittoria, il simbolo del suo coraggio
            capace di sprezzare ogni sorta di tutela di sé, pur di salvare il sistema della famiglia.

                 La  gente  del  quartiere  al  solo  guardarlo  si  sente  bruciare  lo  stomaco.  Inizia  la
            rivolta, rovesciano auto, riempiono bottiglie di benzina e le lanciano. La crisi isterica
            non serve a evitare l'arresto come potrebbe sembrare, ma a scongiurare vendette. Ad
            annullare ogni possibilità di sospetto. A segnalare a Cosimo che nessuno lo ha tradito.

            Che nessuno ha spifferato, che il geroglifico della sua latitanza non è stato decifrato
            grazie ai suoi vicini di casa. È un enorme rito quasi di scusa, una metafisica cappella di
            espiazione  che  le  persone  del  quartiere  vogliono  costruire  con  le  volanti  dei
            carabinieri  bruciate,  i  cassonetti  posti  a  barricate,  il  fumo  nero  dei  copertoni.  Se
            Cosimo sospetta, non avranno neanche il tempo di fare le valigie, la mannaia militare si
            abbatterà su di loro come l'ennesima spietata condanna.


                 Pochi giorni dopo l'arresto del rampollo del clan, il volto arrogante che fissa le
            telecamere  campeggia  sugli  screen  saver  dei  telefonini  di  decine  di  ragazzini  e
            ragazzine  delle  scuole  di  Torre  Annunziata,  Quarto,  Marano.  Gesti  di  mera
            provocazione, di banale balordaggine adolescenziale. Certo. Ma Cosimo sapeva. Così
            bisogna  agire  per  essere  riconosciuti  come  capi,  per  raggiungere  il  cuore  degli
            individui.  Bisogna  saper  usare  anche  lo  schermo,  l'inchiostro  dei  giornali,  bisogna

            sapere  annodare  il  proprio  codino.  Cosimo  rappresenta  chiaramente  il  nuovo
            imprenditore di Sistema. L'immagine della nuova borghesia svincolata da ogni freno,
            mossa dall'assoluta volontà di dominare ogni territorio del mercato, di mettere le mani
            su tutto. Non rinunciare a nulla. Fare una scelta non significa limitare il proprio campo
            d'azione,  privarsi  di  ogni  altra  possibilità.  Non  per  chi  considera  la  vita  come  uno

            spazio dove poter conquistare tutto al rischio di perdere ogni cosa. Significa mettere in
            conto di essere arrestati, di finir male, di morire. Ma non significa rinunciare. Volere
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