Page 97 - Gomorra
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non un pistolero, ma un uomo d'affari accompagnato da modelle: volevano diventare
            imprenditori di successo.

                 Il 19 gennaio viene ammazzato il quarantacinquenne Pasquale Paladini. Otto colpi.
            Al  petto  e  alla  testa.  Dopo  poche  ore  sparano  nelle  gambe  ad  Antonio  Auletta  di
            diciannove anni. Ma il 21 gennaio sembra esserci una svolta. La voce inizia subito a
            correre, senza avere bisogno di agenzie di stampa. Cosimo Di Lauro è stato arrestato. Il

            reggente  della  cosca,  il  leader  della  mattanza,  secondo  le  accuse  della  Procura
            Antimafia di Napoli, il comandante del clan secondo i pentiti. Cosimo si nascondeva in
            un buco di quaranta metri quadri, dormendo su un letto quasi sfondato. L'erede di un
            sodalizio criminale capace di fatturare solo con il narcotraffico cinquecentomila euro
            al giorno, e che poteva disporre di una villa da cinque milioni di euro nel cuore di uno

            dei  quartieri  più  miseri  d'Italia,  era  costretto  a  rintanarsi  in  un  buco  fetente  e
            microscopico non lontano dalla sua presunta reggia.

                 Una villa spuntata dal nulla in via Cupa dell'Arco, vicino alla casa di famiglia dei
            Di Lauro. Un'elegante masseria del Settecento, ristrutturata come una villa pompeiana.
            Impluvium,  colonne,  stucchi  e  gessi,  controsoffittature  e  scalinate.  Una  villa  di  cui
            nessuno sospettava l'esistenza. Nessuno conosceva i proprietari formali, i carabinieri

            stavano indagando ma nel quartiere nessuno aveva dubbi. Era per Cosimo. I carabinieri
            scoprirono la villa per caso, superando le spesse mura di cinta, trovarono dentro alcuni
            operai che appena videro le divise scapparono. La guerra non aveva permesso che la
            villa fosse ultimata, che fosse riempita di mobili e quadri, che divenisse la reggia del
            reggente, il cuore d'oro del corpo marcescente dell'edilizia di Secondigliano.


                 Quando  Cosimo  sente  il  calpestio  degli  anfibi  dei  carabinieri  che  lo  stanno  per
            arrestare,  quando  sente  rumoreggiare  i  fucili,  non  tenta  di  scappare,  non  si  arma
            nemmeno. Si mette davanti allo specchio. Bagna il pettine, tira indietro i capelli dalla
            fronte  e  poi  li  lega  in  un  codino  all'altezza  della  nuca,  lasciando  la  zazzera  riccia
            cascare sul collo. Indossa un dolcevita scuro e un impermeabile nero. Cosimo Di Lauro
            si  abbiglia  da  pagliaccio  del  crimine,  da  guerriero  della  notte,  scende  per  le  scale
            impettito. È claudicante, qualche anno prima è caduto rovinosamente dalla moto e la

            gamba  zoppa  è  la  dote  avuta  da  quell'incidente.  Ma  quando  scende  dalle  scale  ha
            pensato anche a questo. Poggiandosi sugli avambracci dei carabinieri che lo scortano
            riesce a non mostrare il suo handicap, a camminare con passo normale. I nuovi sovrani
            militari dei sodalizi criminali napoletani non si presentano come guappi di quartiere,
            non hanno gli occhi sgranati e folli di Cutolo, non pensano di doversi atteggiare come

            Luciano Liggio o come caricature di Lucky Luciano e Al Capone. Matrix, The Croio,
            Pulp Fiction riescono con maggiore capacità e velocità a far capire cosa vogliono e chi
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