Page 82 - Gomorra
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devi stare con nessun ragazzo, perché non sappiamo con chi stanno o a chi
appartengono. Allora se devono fare qualcosa a quello, tu ti trovi vicino, ti fanno pure
a te. Hai capito qual è il problema oggi, questo, a babbo...".
Il problema è che non ci si può sentire esclusi. Non basta presumere che la propria
condotta di vita potrà mettere al riparo da ogni pericolo. Non vale più dirsi: "si
ammazzano tra loro". Durante un conflitto di camorra tutto quello che è stato
costantemente costruito viene messo in pericolo, una recinzione di sabbia abbattuta da
un'onda di risacca. Le persone cercano di passare silenziose, di ridurre al minimo la
loro presenza nel mondo. Poco trucco, colori anonimi, ma non solo. Chi ha l'asma e non
riesce a correre si chiude in casa a chiave, ma trovando una scusa, inventandosi una
motivazione, perché svelare di stare chiuso in casa potrebbe risultare una dichiarazione
di colpevolezza: di non si sa quale colpa, ma pur sempre una confessione di paura. Le
donne non indossano più tacchi alti, inadatti a correre. A una guerra non dichiarata
ufficialmente, non riconosciuta dai governi e non raccontata dai reporter, corrisponde
una paura non dichiarata, una paura che si ficca sotto pelle.
lì senti gonfio come dopo una mangiata o una bevuta di pessimo vino. Una paura
che non esplode nei manifesti per strada o sui quotidiani. Non ci sono invasioni o cieli
coperti di aerei, è una guerra che ti senti dentro. Quasi come una fobia. Non sai se
mostrare la paura o invece nasconderla. Non riesci a comprendere se stai esagerando o
sottovalutando. Non ci sono sirene d'allarme, ma arrivano le informazioni più
discordanti. Dicono che la guerra di camorra sia tra bande, che si ammazzano tra loro.
Ma nessuno sa dove si trovano i confini tra ciò che è loro e ciò che non lo è. Le
camionette dei carabinieri, i posti di blocco di polizia, gli elicotteri che iniziano a
sorvolare a ogni ora, non rasserenano, sembrano quasi restringere il campo.
Sottraggono spazio. Non rassicurano. Circoscrivono e rendono lo spazio mortale della
lotta ancora più angusto. E ci si sente intrappolati, spalla a spalla, trovando
insopportabile il calore dell'altro.
Attraversavo con la mia Vespa questa coltre di tensione. Ogni volta che andavo a
Secondigliano durante il conflitto, venivo perquisito almeno una decina di volte al
giorno. Se avessi avuto soltanto uno di quei coltellini svizzeri da campeggio me
l'avrebbero fatto ingoiare. Mi fermavano i poliziotti, poi i carabinieri, a volte la
Finanza, e poi le vedette dei Di Lauro, poi quelle degli Spagnoli. Tutti con la stessa
spicciola autorità, gesti meccanici, parole identiche. Le forze dell'ordine prendevano i
documenti e poi perquisivano, le sentinelle invece perquisivano e facevano più
domande, intuivano un accento, radiografavano le menzogne. Le vedette durante i giorni
di massimo conflitto perquisivano tutti. Gettavano gli occhi in ogni auto. Per catalogare