Page 55 - Gomorra
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alla moglie Luisa. I Di Lauro sono una dinastia, costruita con abnegazione. Luisa Di
            Lauro aveva generato dieci figli, e come le grandi matrone dell'industria italiana, aveva
            aumentato progressivamente la prole in base al successo industriale. Tutti inseriti nel
            clan, Cosimo, Vincenzo, Ciro, Marco, Nunzio, Salvatore, e poi i piccoli, quelli ancora
            minorenni.  Paolo  Di  Lauro  aveva  una  sorta  di  predilezione  per  gli  investimenti  in
            Francia, suoi negozi si trovavano a Nizza, ma anche a Parigi, a rue Charenton 129 e a
            Lione al 22 di Quai Perrache. Voleva che la moda italiana in Francia fosse veicolata

            dai  suoi  negozi,  trasportata  dai  suoi  camion,  che  gli  Champs  Elysées  emanassero
            l'odore del potere di Scampia.

                 Ma a Secondigliano l'enorme azienda dei Di Lauro scricchiolava. Era cresciuta in
            fretta e in grande autonomia in ogni sua parte, nelle piazze dello spaccio l'aria iniziava

            ad appesantirsi. A Scampia invece c'era la speranza che tutto si sarebbe risolto come
            l'ultima  volta.  Quando,  con  una  bevuta,  ogni  crisi  trovò  soluzione.  Una  bevuta
            particolare,  che  avvenne  mentre  Domenico,  uno  dei  figli  di  Di  Lauro,  dopo  un
            gravissimo  incidente  stradale,  agonizzava  in  ospedale.  Domenico  era  un  ragazzo
            inquieto.  Spesso  i  figli  dei  boss  cadono  in  una  sorta  di  delirio  d'onnipotenza  e
            ritengono di poter disporre di intere città e delle persone che le abitano. Secondo le
            indagini della polizia, nell'ottobre 2003, Domenico assieme alla sua scorta e un gruppo

            di amici, assaltò di notte un'intera cittadina, Casoria, sfasciando finestre, garage, auto,
            bruciando  cassonetti,  inzaccherando  portoni  con  lo  spray  e  squagliando  con  gli
            accendini i pulsanti di plastica dei citofoni. Danni che il padre seppe rimborsare in
            silenzio, con la diplomazia delle famiglie che devono rimediare ai disastri dei rampolli
            senza pregiudicare la propria autorevolezza. Domenico stava correndo in moto quando
            a  una  curva  perse  il  controllo,  cadde  e  per  le  gravi  ferite  morì  dopo  alcuni  giorni

            trascorsi in coma all'ospedale. Quest'episodio tragico generò un incontro di vertice,
            una punizione e al contempo un'amnistia. A Scampia tutti conoscono questa storia, una
            storia  leggendaria,  forse  inventata,  ma  importante  per  comprendere  come  i  conflitti
            trovano mediazione all'interno delle dinamiche di camorra.

                 Si racconta che Gennaro Marino, detto McKay, delfino di Paolo Di Lauro, andò in
            ospedale dove si trovava il ragazzo morente, per confortare il boss. Il suo conforto

            venne accolto. Di Lauro poi lo tirò in disparte e gli offrì da bere. Pisciò in un bicchiere
            e glielo porse. Al boss erano giunte all'orecchio notizie circa alcuni comportamenti del
            suo  prediletto  che  non  poteva  avallare  in  nessun  modo.  McKay  aveva  fatto  alcune
            scelte economiche senza discuterne, alcune somme di danaro erano state sottratte senza
            renderne  conto.  Il  boss  si  era  accorto  della  volontà  del  suo  delfino  di  rendersi

            autonomo ma lo volle perdonare, come un eccesso di esuberanza di chi è troppo bravo
            nel  proprio  mestiere.  Si  racconta  che  McKay  bevve  tutto,  sino  alla  posa.  Un  lungo
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