Page 52 - Gomorra
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che militari, non invadeva apparentemente i territori di altri boss, non veniva
rintracciato da indagini e perquisizioni.
Tra i primi a svelare organigramma della sua organizzazione c'era stato il pentito
Gaetano Conte. Un pentito dalla storia particolarmente interessante. Era un carabiniere,
era stato in servizio a Roma, guardia del corpo di Francesco Cossiga. Le sue qualità di
uomo della scorta di un Presidente della Repubblica l'avevano promosso a sodale del
boss Di Lauro. Conte, dopo aver gestito per conto del clan estorsioni e narcotraffico,
aveva deciso di collaborare con i magistrati con dovizia di informazioni e particolari
che solo un carabiniere avrebbe saputo dare.
Paolo Di Lauro è conosciuto come "Ciruzzo 'o milionario": un contronome ridicolo,
ma soprannomi e contronomi hanno una precisa logica, una sedimentazione calibrata.
Ho sempre sentito chiamare gli appartenenti al Sistema con il soprannome, al punto che
il nome e il cognome in molti casi arriva a diluirsi, a essere dimenticato. Non si sceglie
un proprio contronome, spunta d'improvviso da qualcosa, per qualche motivo, e
qualcuno lo riprende. Così per mero fato nascono i soprannomi di camorra. Paolo Di
Lauro è stato ribattezzato "Ciruzzo 'o milionario" dal boss Luigi Giuliano che lo vide
una sera presentarsi al tavolo da poker mentre lasciava cadere dalle tasche decine di
biglietti da centomila lire. Giuliano esclamò: "E chi è venuto, Ciruzzo 'o milionario?".
Un nome uscito in una serata brilla, un attimo, una trovata giusta.
Ma il florilegio di contronomi è infinito. Carmine Alfieri "'o 'ntufato", l'arrabbiato,
il boss della Nuova Famiglia, venne chiamato così per il ghigno di insoddisfazione e
rabbia sempre presente sul suo viso. Poi ci sono i contronomi che provengono dai
soprannomi degli avi di famiglia e che si appiccicano anche agli eredi, come il boss
Mario Fabbrocino detto "'o graunar'", il carbonaio: i suoi avi vendevano il carbone e
tanto era bastato per definire così il boss che aveva colonizzato l'Argentina con i
capitali della camorra vesuviana. Ci sono soprannomi dovuti alle passioni dei singoli
camorristi come Nicola Luongo, detto "'o wrangler", un affiliato fissato con i
fuoristrada Wrangler, divenuti veri e propri modelli prediletti dagli uomini di Sistema.
Poi i contronomi nati sulla scorta di particolari tratti fisici, Giovanni Birra "'a mazza"
per il suo corpo secco e lungo, Costantino Iacomino "capaianca" per i capelli bianchi
che gli spuntarono prestissimo in testa, Ciro Mazzarella "'o scellone" dalle scapole
visibili, Nicola Pianese chiamato "'o mussuto" ossia il baccalà per la sua pelle
bianchissima, Rosario Privato "mignolino", Dario De Simone "'o nano" il nano.
Contronomi inspiegabili come Antonio Di Fraia detto "'u urpacchiello" un termine che
sta per frustino, di quelli ricavati essiccando il pene dell'asino. E poi Carmine Di
Girolamo detto "'o sbirro" per la capacità di coinvolgere nelle sue operazioni poliziotti