Page 182 - Gomorra
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Nessuno uscì di casa, neanche per comprare il pane. Don Peppino comprese che era
necessario programmare un piano di lotta.
Era necessario tracciare apertamente un percorso da seguire, non più testimoniare
singolarmente, ma organizzare la testimonianza e coordinare un nuovo impegno delle
chiese del territorio. Scrisse, firmandolo assieme a tutti i preti della foranea di Casal
di Principe, un documento inaspettato, un testo religioso, cristiano, con una traccia di
disperata dignità umana, che rese quelle parole universali, capaci di superare i
perimetri religiosi e di far tremare sin nella voce le sicurezze dei boss, che arrivarono
a temere quelle parole più di un blitz dell'Antimafia, più del sequestro delle cave e
delle betoniere, più delle intercettazioni telefoniche che tracciano un ordine di morte.
Era un documento vivo con un titolo romanticamente forte: "Per amore del mio popolo
non tacerò". Distribuì lo scritto il giorno di Natale, non appese le pagine alle porte
della sua chiesa, non doveva come Lutero riformare nessuna chiesa romana, aveva
altro cui pensare don Peppino. Tentare di comprendere come poter creare una strada
trasversale ai poteri, l'unica in grado di mettere in crisi l'autorità economica e
criminale delle famiglie di camorra.
Don Peppino scavò un percorso nella crosta della parola, erose dalle cave della
sintassi quella potenza che la parola pubblica, pronunciata chiaramente, poteva ancora
concedere. Non ebbe l'indolenza intellettuale di chi crede che la parola ormai abbia
esaurito ogni sua risorsa che risulta capace solo di riempire gli spazi tra un timpano e
l'altro. La parola come concretezza, materia aggregata di atomi per intervenire nei
meccanismi delle cose, come malta per costruire, come punta di piccone. Don Peppino
cercava una parola necessaria come secchiata d'acqua sugli sguardi imbrattati. Il tacere
in queste terre non è la banale omertà silenziosa che si rappresenta di coppole e
sguardo abbassato. Ha molto più a che fare col "non mi riguarda". L'atteggiamento
solito in questi luoghi, e non solo, una scelta di chiusura che è il vero voto messo nel
seggio dello stato di cose. La parola diviene un urlo. Controllato e lanciato acuto e alto
contro un vetro blindato: con la volontà di farlo esplodere.
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire
miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. [...] La camorra
oggi è ima forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di
diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con
violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone
diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di
sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero
l'imprenditore più temerario, traffici illeciti per l'acquisto e lo spaccio delle sostanze